ALFABETIZZAZIONE E RIFORME PREVIDENZIALI

ALFABETIZZAZIONE E RIFORME PREVIDENZIALI

Trento, 30 ottobre 2022. Di Paolo Rosa, Ex presidente di Cassa forense e avvocato del foro di Trento.

Ci troviamo in una situazione molto complicata ma vi è chi proprio non riesce a capirlo.

Abbiamo 2766 miliardi di euro di debito pubblico e un analfabetismo funzionale piuttosto importante, calcolato dall’OCSE nel 27,7% tra i 16 e 65 anni il che significa che non sono in possesso delle abilità necessarie a comprendere appieno e usare le informazioni che li circondano.

Ma che ci azzecca tutto questo, vi chiederete? La spiegazione è semplice: L’educazione economico-finanziaria per comprendere la realtà.

Avere conoscenze di base di economia e finanza aiuta a comprendere meglio la realtà e a partecipare attivamente alla società (Bianco, 2016 e 2022). Nei paesi dove elementi di economia e finanza sono inseriti negli insegnamenti obbligatori scolastici, si riscontra già tra le ragazze e i ragazzi una maggiore capacità di interpretare la realtà.

Ad esempio, gli studenti italiani, interrogati sulle cause della crisi finanziaria del 2007-08, ne attribuiscono le responsabilità principalmente a cause politiche interne (politici corrotti o inefficienza del governo), a fronte, invece, dei loro omologhi svizzeri che citano in qualche caso le banche (Lombardi et al., 2017).

In paesi con bassi livelli di alfabetizzazione finanziaria misure di politica economica non sono comprese dai cittadini, ritardandone l’introduzione o rendendole meno efficaci; diverse analisi si stanno concentrando sui problemi della comunicazione al pubblico della disciplina dell’economia (Leiser e Shemesh, 2018; Bayer et al., 2020; The Economist, 2021).

L’educazione finanziaria aiuta a migliorare le scelte perché fa comprendere ai cittadini i contenuti delle politiche pubbliche, favorendo la partecipazione elettorale (Fornero e Lo Prete, 2022). Fornero e Lo Prete (2019) hanno mostrato che il costo elettorale di riforme dei sistemi pensionistici è più basso nei paesi dove il livello di alfabetizzazione è più alto.

L’analisi ha considerato 21 paesi avanzati negli anni dal 1990 al 2010, tenendo conto delle condizioni macroeconomiche e demografiche.

I risultati econometrici non sono robusti quando al posto dell’educazione finanziaria si usano indicatori meno precisi del capitale umano, come gli anni di scuola, suggerendo che le conoscenze economiche e finanziarie hanno caratteristiche specifiche che, aiutando le persone durante la loro vita, riducono il costo elettorale delle riforme. […]

Molti lavori empirici hanno studiato la relazione tra alfabetizzazione finanziaria e decisioni finanziarie.

I primi studi hanno riguardato il risparmio a fini previdenziali e mostrato una correlazione tra alfabetizzazione finanziaria e migliore pianificazione finanziaria, maggiore propensione al risparmio, piani pensionistici finanziari a lungo termine.

Con la crisi finanziaria del 2007-08 il campo di indagine si è ampliato: alcuni studi hanno fornito evidenza di come gli individui con maggiori competenze siano in grado di partecipare di più ai mercati finanziari, realizzare una maggiore diversificazione di portafoglio e rendimenti più alti, ottenere prestiti a costi inferiori, gestire meglio i propri debiti; altre indagini hanno mostrato un’associazione negativa tra alfabetizzazione finanziaria e frodi, soprattutto con riferimento agli anziani (si vedano Rinaldi, 2011; Van Rooij, Lusardi, Alessie, 2011 e 2012; Guiso, 2011; Guiso e Jappelli, 2009; Guiso e Viviano, 2015; Ricci e Caratelli, 2017; Fagereng, Guiso, Malacrino e Pistaferri L., 2020)» (Questioni di Economia e Finanza (Occasional Papers), Educazione finanziaria: presupposti, politiche ed esperienza della Banca d’Italia di Riccardo De Bonis, Marilisa Guida, Angela Romagnoli e Alessandra Staderini, Banca d’Italia, Eurosistema, Numero 726 – Ottobre 2022, pagg. 11 e 12).


Per quanto riguarda le riforme ho già dato i numeri nel mio “Il nuovo governo e la previdenza” del 19 ottobre 2022, al quale vi rimando.

Ora la situazione è questa: dal 1° gennaio 2023, rebus sic stantibus, torna la Legge  Fornero che significa pensione di vecchiaia a 67 anni con almeno 20 anni di contributi e pensione anticipata indipendente dall’età con 42 anni di contribuzione e 10 mesi di contributi per uomini e 41 anni più 10 mesi per le donne.

Qualcosa il Governo dovrà fare ma le priorità sono diverse e le risorse sono molto limitate. Si potrà garantire un po’ più di flessibilità ma senza grandi impatti sui conti pubblici e soprattutto gli interventi dovranno essere sostenibili dal punto di vista demografico ed economico.