Ha avuto un grande successo di letture lo spunto di riflessione inviatoci da un nostro lettore sul tema della "credibilità" della consulenza fee only italiana. Ecco la risposta ai numerosi commenti giunti in redazione, inviataci nuovamente dello stesso Fabio...
Gentili colleghi, dal tono di alcune risposte alla “lettera” da me inviata a Ifanews (che ringrazio pubblicamente per l'attenzione mostratami), desidero fare un ulteriore appunto atto a chiarire, spero una volta per tutte, il mio punto di vista.
Ebbene, le riflessioni che avevo presentato in precedenza erano da intendersi, spero abbastanza evidentemente, come provocazione. Non fine a se stessa, ma propositiva, atta a riflettere sull’importanza della sostanza del servizio offerto al cliente, piuttosto che delle etichette formali (anche legislative). Perché, come vi ho detto (e qua qualcuno ha perfettamente capito il senso del mio scritto), in Italia ho visto troppe persone convinte di cambiare improvvisamente competenze, qualità e background solamente per il semplice fatto di poter indossare una etichetta piuttosto che un’altra (promotore, consulente, analista, ecc…).
L’esempio più lampante di ciò, e con questo intendo prendere in esame la mia categoria (onde evitare che si possa pensare che la mia sia una guerra di parte, quanto piuttosto di contenuti), si pensi a quanto fumo può gettare negli occhi di un risparmiatore la figura del “family banker” di Mediolanum. Promotori finanziari che, in piena coscienza, si spacciano per “direttori di filiale a domicilio”, negando l’essenza del servizio che li contraddistingue (di promozione finanziaria appunto, elemento comune a tutte le reti) in nome di un titolo autoaccreditante che li presenta, a torto, portatori di competenze e servizi diversi dal resto dei "competitors" (ma forse questo torna comodo come pretesto per piazzare ai clienti commissioni sui fondi tra le più alte del mercato...).
Stesso discorso vale, a mio avviso, per buona parte della consulenza finanziaria indipendente italiana, anche se, ne do' atto a chi vi lavora, in un contesto così confusionario e deregolamentato risulta davvero difficile far valere in maniera efficace, agli occhi del cliente, la propria serietà e affidabilità, rispetto al primo “pirla” (scusate il termine) che passa. E quindi qui torna il fulcro del mio discorso: bisogna pensare alle competenze, riempirsi la bocca di quelle al limite (anche se chi le ha per davvero in genere non necessita proclami o strombazzate). Se invece si vuole pensare che per fare consulenza finanziaria basti il nome, allora sì che forse avrebbe persino più senso (e qui mi rammarico che Roberto non abbia compreso la provocazione) procedere alla “scellerata” ipotesi di gestirsi da soli, se non altro per un vantaggio immediato in termini di risparmio dei costi (si ok, sappiamo benissimo che è pericoloso e che ci si può fare malissimo, ma la mia è appunto una provocazione atta a rendere ancora più palese l’importanza della preparazione, come ho detto prima).
E, concludendo, per come la vedo io e per farvi capire ancora una volta di più quanto sia importante per me la preparazione piuttosto che l’abito, mi piacerebbe vedere un mondo dove chi si occupa di un argomento tanto delicato quanto la cura dei risparmi degli italiani, debba necessariamente avere una preparazione accademica di livello (laurea specialistica in materia finanziaria), un esame superato e degli aggiornamenti professionali obbligatori a scadenza periodica, un albo e una vigilanza SERIA a tutela dei risparmiatori. E’ vero, la laurea non fa di certo il monaco, ma avete idea di quanti “dinosauri” della consulenza (leggasi venditori “porta a porta” anni 80’, arricchiti dai tempi in cui piazzare fondi era più facile di vedere Cicciolina a gambe aperte) ci si potrebbe liberare? Piazzisti che scambierebbero Markowitz per una marca di elettrodomestici? Il tutto a vantaggio di una rinnovata immagine del nostro lavoro (quello della consulenza finanziaria, di cui io, come promotore, ritengo di essere titolare) e del benessere economico dei nostri clienti.
Saluti
Fabio
Commenti
Sono tutt’oggi positivamente invidioso del manager che all’epoca mi addestrò al raggiungimento di obiettivi di vendita perché Lui negli anni ’70 aveva ricevuto dalla Mandante come premio un Patek Philippe braccialato in oro con scritto sul fondello “One Million Dollar Association” che oggi quota usato intorno ai 10•000€, mente io, arrivato nel 1981, mi sono dovuto “accontentare” di un semplice Longines braccialato in oro, che oggi usato quota poco meno di 2•000€.
«“dinosauri” della consulenza (leggasi venditori “porta a porta” anni 80’, arricchiti dai tempi in cui piazzare fondi era più facile di vedere Cicciolina a gambe aperte»,
così da Te definiti e capisco che Tu NON ha vissuto in prima persona quel periodo oppure lo hai vissuto male.
Allo start-up di un’attività professionale tutti siamo bambini: nel divenire c’è chi diventa nano (e a mio avviso con i convincimenti espressi Tu sei nel percorso di Frate Francesco) e poi c’è chi è orgoglioso di essere cresciuto come un dinosauro.
La Borsa sui livelli del 1954
La Borsa ha vissuto in settimana uno dei momenti più difficili, dei tanti già attraversati negli ultimi anni: in questi giorni gli aggettivi e le motivazioni più fantasiosi e di maniera si sono sprecati. Si è parlato di lunedì nero, espressione che non fa più effetto poiché di ”nero” sono tinti ormai tutti i giorni (compresi i festivi).
L'indice generale delle quotazioni «Il Sole-24 Ore » (1938=1) è caduto a 31.24, livello che ci riporta indietro di 23 anni e cioè al 1954. É un dato di per sè agghiacciante che dà la misura della gravità della crisi. Se si tiene conto poi del mutato metro monetario, si può asserire che il risparmio azionario si è completamente polverizzato.
Da dinosauro della vendita porta a porta, più facile che far aprire le gambe a cicciolina segnalo la disinformzaione di Fabio.
"Non ti curar di loro, ma guarda e passa..."
raccolgono milioni di euro e nessuno controlla, anzi, come lo fanno.
Lavora bene e non farTi scrupoli a denunciare chi si comporta male.
Così si migliora.
E il cliente deve svegliarsi.
ciao
C'è qualcuno che firmerebbe un contratto di rapporto fiduciario col cliente ? com'è che di questo, in questo Paese , non si parla? dunque, buoni e cattivi sono ovunque e i clienti fanno fatica a capire quali sono i buoni (perchè i buoni non stanno dentro ad una sola categoria ) ma se qualcuno li istruisse a porre le giuste domande forse saprebbero scegliere meglio...ma nesuno lo fa
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