Il Dollaro è il grande vincitore di questa crisi

Che il dollaro non fosse finito l’avevamo già capito a fine 2008, quando dopo il fallimento di Lehman Brothers, gli investitori –colti dal panico- si fiondarono a comprare il biglietto verde. Così, in pochi mesi l’euro, che sembrava ormai consacrato alla strada di “valuta privilegiata” da utilizzare negli scambi commerciali e come riserva valutaria, crollò, passando da quota 1,60 (raggiunta nell’agosto del 2008) ad un livello poco sopra 1,25, a dicembre dello stesso anno. Questo voleva dire che nonostante il deficit commerciale (e delle partite correnti) degli Usa, principale preoccupazione degli economisti prima della crisi dei mutui sub-prime, quando le cose si fanno veramente gravi, gli investitori si rifugiano nel dollaro.

Il Dollaro è il grande vincitore di questa crisi

Ma quello che successe in seguito, fu una politica monetaria fortemente espansiva da parte della Fed, che aumentò di 2,5 volte l’intera base monetaria disponibile in poco tempo, passata da 827 miliardi di dollari a maggio 2008 a 2.109 miliardi di dollari di febbraio 2010 (a novembre 2011 la base monetaria è pari a 2.597 miliardi di dollari). Parallelamente, il deficit commerciale degli Stati Uniti con l’estero, che con lo scoppio della crisi si era ristretto, passando dai 66 miliardi di dollari di luglio 2008 ai 25 miliardi di dollari di maggio 2009, ha poi ricominciato ad aumentare, toccando quota 50 miliardi a giugno del 2010 (ad ottobre 2011 il deficit commerciale Usa era pari a 43 miliardi di dollari). Queste due variabili hanno senz’altro inciso sul breve ritorno in auge dell’euro nei confronti del dollaro, che ad agosto del 2009 era già tornato sopra quota 1,50.

Ma la fortuna del dollaro non è certo finita con lo scoppio della crisi finanziaria mondiale di fine autunno 2008, infatti il 2010 regala all’Europa la crisi della Grecia e l’inizio di un ciclone che andrà a colpire, una ad una, tutte le economie più deboli del Vecchio Continente. Tutto questo si è ovviamente tradotto nella corsa degli investitori (istituzionali) all’acquisto del biglietto verde.

Si potrebbe obiettare che sia invece stato l’oro e non il dollaro a fare le veci di bene rifugio per gli investitori impauriti in cerca di asset sicuri. Ma questo sembra non essere più vero, o vero solo in parte. L’oro ha infatti iniziato ad invertire la rotta a fine agosto 2011, proprio nel bel mezzo della crisi finanziaria europea (con le pressioni sui Btp italiani). Dopo aver toccato i due massimi a quota 1.900 dollari, il prezzo del metallo prezioso si è lasciato andare ad una costante discesa (ora sopra quota 1.500), diventando positivamente correlato con il mercato azionario (che nel frattempo ha preso il segno meno). Che sia lo scoppio di una bolla (quella dell’oro), che si perpetua ormai dall’inizio del Nuovo Millennio (l’oro si è quadruplicato in 10 anni)? Chi può dirlo, senz’altro i dati mostrano che per il momento, quello che è sempre stato definito “il bene rifugio per eccellenza”, ha perso il suo ruolo nei momenti di crisi come questi.

Quindi, tornando al dollaro, da questa crisi abbiamo imparato che gli investitori comprano dollari quando le banche europee sembrano essere messe male, ma comprano dollari anche quando le banche americane sembrano essere messe male e, addirittura, anche quando Standard and Poor’s taglia il rating della tripla A agli Stati Uniti. L’indice che valuta la performance del dollaro nei confronti di un basket di altre valute ha infatti guadagnato il 6% dopo che gli Usa ad agosto hanno perso la tripla A (cosa che non accadeva da 70 anni).

La crisi ha senza ombra di dubbio spazzato via ogni speranza –da parte dell’euro, di diventare la nuova valuta di riferimento da accumulare nelle riserve valutarie di paesi emergenti e non, infatti la moneta unica sta lottando ora per la propria sopravvivenza, peraltro non ancora certa. L’altra moneta che potrebbe prendere il posto dell’euro, almeno come credibilità, è il reminbi –altro nome della moneta cinese, anche se questo discorso sembra essere, per molti, troppo prematuro, a causa del cambio fisso deciso dai burocrati di Pechino, che impedisce alla moneta di fluttuare liberamente a seconda degli umori dei mercati.

Il dollaro è quindi ora il più credibile punto di riferimento da parte di investitori istituzionali e paesi che accumulano riserve. Ad oggi un euro compra 1,29 dollari e secondo molti analisti questo trend potrebbe, entro fine 2012, raggiungere quota 1,25 o anche 1,20.

Quel che è certo è che questa crisi, partita dagli Stati Uniti con lo scoppio della bolla dei mutui sub-prime ed il fallimento di Lehman Brothers, ed arrivata poi nel resto del mondo non sembra aver più di tanto indebolito la prima economia del mondo, la cui moneta può ora tornare a godere dei benefici dell’essere la moneta più sicura al mondo.

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