Impresa, appuntamento tra `i piccoli` a Torino

Le adesioni sono circa duemila, e l`obiettivo e` quello di contarne alla fine almeno altre cinquecento o mille.

Si sono dati appuntamento a Torino per la due giorni della Piccola industria, appuntamento biennale promosso da Confindustria, in programma domani e sabato all`Oval del Lingotto. Come riporta Asca, il cuore del manifatturiero, quello che sta pagando piu` duramente il prezzo della crisi, per tre quarti concentrato nel centro nord, calera` al Lingotto di Torino per ricordare innanzitutto che l`impasse politico ha ``provocato altre duemila chiusure``, da sommare alle quattromila dei primi due mesi dell`anno, come sottolinea Bruno di Stasio presidente di Piccola Industria a Torino.

Manchera` il confronto con il governo. Quando il convegno fu organizzato si era creduto che a Palazzo Chigi ci sarebbe stato un nuovo interlocutore a cui suonare il campanello dell`ultima chiamata.

Ma non e` andata cosi`: ``Bisticciano per le poltrone - dice Di Stasio - e intanto chiudono 70-80 imprese al giorno``. Sara` una manifestazione se non gridata, sicuramente forte, che segue idealmente il fermento che si sta diffondendo in tutte le regioni del centro-nord. Una chiamata a raccolta del popolo dei piccoli, dei signori delle `boite` come chiamano qui in Piemonte le aziende con pochi operai, da cui sta montando la rabbia per la mancanza di ``una politica industriale``, di una guida che non lasci le imprese isolate e inermi di fronte ai diktat europei della finanza.

``Abbiamo l`assoluta necessita` di una politica industriale seria e lungimirante - dice Licia Mattioli presidente dell` Unione Industriale di Torino - sia a livello europeo sia nazionale, in grado di tracciare e di dare una prospettiva alla nostra industria``. Base di confronto il `Manifesto per le imprese` presentato recentemente dal presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, che prevede 316 miliardi di investimenti in cinque anni e 2 milioni di posti di lavoro in piu`. Un piano, osserva Mattioli, che elenca un lungo rosario di dati economici negativi, significherebbe per la realta` torinese un aumento annuale del Pil del 2,5-3% con ricadute importanti sull`export e sull`indotto. Ma anche la Tav, il cui stop costerebbe 1,5 miliardi. Mentre sui pagamenti alle imprese da parte della pubblica amministrazione: ``nel nostro `Manifesto` abbiamo parlato di 48 miliardi - osserva di Stasio -, ne hanno concessi 40, vuol dire che a qualcosa stanno rispondendo``. Per dimostrare che le Pmi sono un tutt`uno con i loro dipendenti, che non si sta parlando di imprenditori con i capitali all`estero, era persino circolata l`ipotesi di portare anche le tute blu al Lingotto. Ma poi si e` capito che si sarebbe potuto perdere il filo della manifestazione. ``L`impresa e` stata munta fino a che e` stato possibile - osserva di Stasio -. Ora non ha piu` latte``. Un quarto delle imprese in tre regioni campione (Piemonte, Emilia e Puglia), secondo una ricerca che verra` illustrata nel corso del Convegno, ha avuto una riduzione degli affidamenti del 27%. La meta` delle aziende del panel, aggiunge di Stasio, sconta tassi compresi tra il 6 e l`11,50%. C`e` una differenza anche di dieci punti tra aziende considerate viruose e no - rileva ancora di Stasio -.

Noi non stiamo combattendo le banche, anzi stiamo dialogando, ma questa e` una distorsione intollerabile: pochi anni fa la differenza si limitava a due punti. Io - sottolinea l`imprenditore a cui fa capo il gruppo Seven-Invicta - che avevo uno spread pari a zero, ho dei tassi oggi che mi vergogno a dire``.

Alla due giorni dell`Oval, ci sara`, naturalmente, il presidente Squinzi, il presidente nazionale dei `piccoli` Vincenzo Boccia, i leader sindacali di Cgil, Cisl e Uil, Camusso, Bonanni e Angeletti. Poi, Harold Sirkin, senior partner di Boston Consulting che scommette sulla rinascita dell`industria manifatturiera negli Usa e dara` qualche spunto anche per l`Italia. Il commissario europeo Antonio Tajani oltre all`ad di Intesa-Sanpaolo Enrico Cucchiani.

Sullo sfondo rimane il problema stutturale delle piccole aziende nazionali, quello del nanismo, con dimensioni pari a un terzo delle concorrenti tedesche e alla meta` della media europea; quello della scarsa capacita` di fare rete, quello di essere intervenuti in ritardo a fare efficienza rispetto alle realta` medio grandi, anche per il legame quasi familiare che unisce in molte fabbriche l`imprenditore ai suoi dipendenti. ``Gia` uno studio della Bocconi di due anni fa - racconta di Stasio - non dava chance competitive alle aziende sotto i 15 milioni di fatturato, vale a dire circa 30 dipendenti. Sopra questa soglia ci sono pero` soltanto 225mila imprese dei 4,5 milioni totali. Per 1,6 milioni di imprese la media e` di 3,8 dipendenti, una realta` ridicola``.

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