Banche, rating e un giallo da risolvere
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C'è una forte asincronia tra i downrating delle agenzie americane e la reale situazione delle grandi banche occidentali in crisi di liquidità. I rialzi delle Borse, dopo settimane in caduta libera, non debbono ingannare. I primi segnali di cauto ottimismo sono tutti legati all'annuncio della Bce di acquistare i bond bancari, dopo il si tedesco all'ampliamento del Fondo salva-Stati Efsf. Perché questo è il punto. Nonostante il crack nel settembre 2008 della Lehman Brothers molte, troppe banche sono fortemente esposte a causa dell' "effetto leva": cioè il capitale azionario tangibile spesso rappresenta solo il 2-4% delle masse che compongono l'intero bilancio. Un rischio potenziale incalcolabile, basta un nulla per scuotere le fondamenta. Emblematico il caso Dexia, la banca franco-belga che ha fatto shopping allegro in tutta Europa (in Italia ha acquistato il Crediop), ma ha bonds al 30 giugno 2010 per oltre 125 miliardi di euro. Il valore realizzabile sul mercato è meno della metà tanto che il "Sole 24 Ore" ha ironizzato su una agenzia di rating che ha continuato, fino a pochi giorni fa, a includerla nella lista "buy" (compra). Alle ore 11 del 5 ottobre, i governi francese e belga, co-azionisti di Dexia, si sono impegnati a "fornire la loro garanzia" sui finanziamenti di Dexia. Ma anche le altre cinque principali banche francesi hanno necessità di capitale pubblico. Ecco l'asincronia della situazione. Ognuno tira la corda nel proprio esclusivo interesse con buona pace della cooperazione internazionale. Anche le banche Usa, a tre anni dal fallimento di Lehman Brothers, sono in una fase delicata. I profitti, in forte decrescita (previsto a fine settembre un +3,6% ma due mesi fa le attese erano a +14,6%), soffrono per forti speculazioni. C'è il problema della costante fragilità del settore immobiliare e delle cause intentate per un totale stimato ad oltre 200 miliardi di dollari.
L'esposizione verso le banche europee è un giallo: sta di fatto che il costo medio dei Cds per proteggersi dal rischio di insolvenza è pari al 5,77%. Di qui l'allarme dello stesso Obama perché la crisi dell'euro venga risolta al più presto. Non a caso la Merkel ha "aperto" al sostegno al credito dopo mesi di dinieghi. Per valutare la situazione nel suo complesso è utile uno studio di Credit Suisse che valuta in 8mila miliardi la crescita del debito pubblico (degli Stati) negli ultimi tre anni. Un'autentica montagna. Solo l'Irlanda ha debiti privati e pubblici che valgono il 370% del Pil; la Francia è oltre il 200% (con il rapporto debito-Pil all'87%) e la Spagna ha livelli di debito privato al 280% del prodotto interno lordo. Per gli Stati Uniti siamo al 163% del Pil. E' possibile trarre una conclusione da questa situazione? Un dato emerge su tutti. Vi sono troppi debiti per pensare di risolvere tutto "stringendo la cinghia". Il grido di allarme di Draghi sui "problemi di liquidità" delle banche vale più di qualsiasi commento. Si deve però combattere gli sprechi (vi sono oltre 45mila auto blu – Stato ed Enti locali - che impegnano un terzo dei poliziotti e carabinieri operativi). Nell'immediato dopo-guerra, in Italia, il Credito Edilizio concedeva mutui ipotecari a 35 anni al 3,5%. Occorre tornare ovunque ad un grado di ragionevolezza che coniughi l’ammortamento di lungo periodo con tassi di interesse accessibili. E' un modo per collegare l'azione politica (riforme strutturali) con l'economia reale ponendo fine alla follia della super-finanziarizzazione.
di Guido Colomba
Riflessioni sulla crisi - Solvibilità degli intermediari e politiche creditizie
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Credit Suisse, la ricchezza è un affare per pochi
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Meno dell'1% della popolazione mondiale detiene il 38,5% della ricchezza globale. Sono 28,7 milioni gli adulti con patrimoni superiori a un milione di dollari, secondo un report di Credit Suisse. E nell'ultimo anno l'Europa ha sorpassato gli Stati Uniti per quota di milionari: il 37,2% vive nell'Ue contro il 37% in Usa. In Cina i super-ricchi hanno superato per la prima volta il milione e gli ultraricchi con patrimoni oltre 50 milioni sono 5.400. Solo negli Usa ce ne sono di più (35.400).
Ma entriamo nel dettaglio della ricerca
Il Credit Suisse Research Institute ha pubblicato oggi il secondo Global Wealth Report annuale, dal quale emerge che la regione Asia Pacific ha agito da locomotiva della crescita della ricchezza globale, di cui ha complessivamente generato il 36% dal 2000 e il 54% da gennaio 2010. Nel suo insieme, la ricchezza mondiale è aumentata del 14%, passando dai 203 000 miliardi di dollari di gennaio 2010 ai 231 000 miliardi di giugno 2011. I mercati emergenti si riconfermano il principale motore della dinamica, progredita a ritmo incalzante soprattutto in America latina, Africa e Asia. Sulla scia dell'espansione che vede protagonisti i paesi emergenti, si prevede che nel prossimo quinquennio la ricchezza globale aumenterà del 50% a quota 345 000 miliardi di dollari e che la ricchezza pro capite della popolazione adulta registrerà un incremento del 40 %, attestandosi a 70 700 dollari. Secondo l’analisi i mercati emergenti hanno maggiori margini per aumentare la ricchezza personale in virtù del rapporto investimenti finanziari netti/reddito e del rapporto debito/reddito nettamente inferiori a quelli delle economie mature. Inoltre, l'invecchiamento demografico è destinato ad alimentare la domanda di investimenti finanziari rispetto a valori reali quali gli immobili. |
Giles Keating, responsabile Global Economic Research per il Private Banking e la divisione Asset Management del Credit Suisse e membro dell'Operating Committee del Credit Suisse Research Institute, ha commentato: "Il Credit Suisse ritiene che l'incalzante crescita della ricchezza nei paesi emergenti alimenterà nuovi trend sul fronte dei consumi e degli investimenti in Asia e depone pertanto a favore delle iniziative di ricerca tematica proprietaria della banca sui megatrend globali della demografia e del mondo multipolare. Il livello del debito pro capite europeo, di gran lunga maggiore di quello asiatico, e il tasso di crescita della ricchezza dell'Asia, che supera nettamente quello europeo, suggeriscono la possibilità di un'intensa collaborazione reciproca in grado di alleviare la crisi del debito nell'area dell'euro".
Stefano Natella, responsabile di Equity Research, Investment Banking, e membro dell'Operating Committee del Credit Suisse Research Institute, ha dichiarato: "A differenza di altre indagini, il Global Wealth Report del Credit Suisse genera dati proprietari esclusivi e intende essere lo studio più esaustivo sulla ricchezza globale. Sulla scorta di una rigorosa metodologia di ricerca indipendente, il rapporto esamina la distribuzione della ricchezza in oltre 200 paesi tra i 4,5 miliardi di individui che costituiscono la popolazione mondiale adulta".
Osama Abbasi, Chief Executive Officer Asia Pacific del Credit Suisse, ha dichiarato: "La seconda edizione del Global Wealth Report conferma che il contesto economico è nel pieno di una fase di trasformazione senza precedenti, a cui si accompagna il radicale riassetto dello scacchiere internazionale. I mercati emergenti, importanti catalizzatori della ripresa globale, si riconfermano nel ruolo di locomotiva della crescita della ricchezza mondiale".
Trainata dal sostanziale contributo delle economie emergenti, da gennaio 2010 la ricchezza mondiale è aumentata del 14 per cento a 231 000 miliardi di dollari
Dal Global Wealth Report 2011 del Credit Suisse emerge che, sulla scia della costante ripresa economica dalla crisi finanziaria globale, la ricchezza mondiale complessiva è aumentata del 14 per cento, passando dai 203 000 miliardi di dollari di gennaio 2010 ai 231 000 miliardi di giugno 2011. La ricchezza pro capite ha esibito un incremento del 9 per cento, portandosi dai 46 600 dollari di gennaio 2010 ai 51 000 dollari di giugno 2011. La crescita più sostenuta è stata appannaggio di America latina, Africa e Asia. Gli Stati Uniti, che negli ultimi 18 mesi hanno generato 4600 miliardi di dollari, si sono distinti come principale fonte di ricchezza a livello mondiale. Nel periodo in rassegna, il contributo determinante alla crescita della ricchezza globale è giunto dalla regione Asia Pacific – soprattutto grazie ai capitali accumulati da Cina, Giappone, Australia e India (tabella 1) – a cui va inoltre il merito di aver generato il 36 per cento della ricchezza mondiale dal 2000 e il 54 per cento dal 2010.
Nella regione Asia Pacific, il dato complessivo riferito alle economie domestiche è progredito del 23 per cento, passando dai 61 000 miliardi di dollari di gennaio 2010 ai 75 000 miliardi di giugno 2011. Tale dinamica è in netto contrasto con i tassi di crescita della ricchezza complessiva del 9,2 per cento e 4,8 per cento rispettivamente registrati nello stesso periodo dagli Stati Uniti e dall'Europa, che riflettono il megatrend globale del graduale spostamento del potere economico dai paesi sviluppati alle economie emergenti. Dal rapporto emerge che l'indebitamento medio pro capite dell'Europa (25 550 dollari) è nettamente superiore a quello della regione Asia Pacific (9227 dollari), un divario che lascia ai due colossi un ampio margine di manovra per avviare una collaborazione reciproca volta ad alleviare la crisi del debito nell'area dell'euro.
Tabella 1: classifica dei primi 20 paesi per contributo alla crescita della ricchezza mondiale in termini di valore (da gennaio 2010 a giugno 2011)
Graduatoria |
Paese |
Aumento della ricchezza complessiva (in miliardi di USD) |
1 |
Stati Uniti |
4555 |
2 |
Cina |
4072 |
3 |
Giappone |
3805 |
4 |
Brasile |
1870 |
5 |
Australia |
1855 |
6 |
India |
1272 |
7 |
Canada |
865 |
8 |
Svizzera |
735 |
9 |
Francia |
684 |
10 |
Messico |
551 |
11 |
Regno Unito |
514 |
12 |
Germania |
461 |
13 |
Corea del Sud |
421 |
14 |
Indonesia |
420 |
15 |
Svezia |
409 |
16 |
Taiwan |
387 |
17 |
Sudafrica |
339 |
18 |
Singapore |
307 |
19 |
Colombia |
228 |
20 |
Norvegia |
218 |
Il vertice della piramide della ricchezza
Dal rapporto emerge che, pur rappresentando meno dell'1 per cento della popolazione mondiale adulta, i 29,7 milioni di individui con un patrimonio privato superiore a un milione di dollari possiedono il 38,5 per cento della ricchezza delle famiglie a livello globale. Con il 37,2 per cento dei milionari nel mondo, quest'anno l'Europa si è lasciata alle spalle gli Stati Uniti (37 per cento). Nella regione Asia Pacific il primato spetta al Giappone, con l'11 per cento o 3,1 milioni di milionari, seguito dall'Australia e dalla Cina (un milione ciascuna). Stando alle stime del rapporto, in Cina il numero degli High Net Worth Individual (HNWI) ha superato per la prima volta la soglia di un milione e corrisponde al 3,4 per cento del segmento complessivo a livello globale.
In base alle previsioni da noi elaborate in giugno 2011, nel mondo si contano 84 700 Ultra-High Net Worth Individual (UHNWI) con un patrimonio netto superiore a 50 milioni di dollari ciascuno. 29 000 di essi possiedono attivi per almeno 100 milioni di dollari e in 2700 casi il patrimonio supera quota 500 milioni. L'impennata del numero di UHNWI osservata nell'ultimo decennio è ascrivibile all'aumento generale dei valori patrimoniali e all'apprezzamento di altre monete rispetto al biglietto verde. In termini di singoli paesi, gli Stati Uniti guidano la classifica con 35 400 UHNWI (pari al 42 per cento del totale mondiale), seguiti con enorme distacco da Cina (5400 UHNWI o 6,4 per cento), Germania (4135 o 4,9 per cento), Svizzera (3820 o 4,5 per cento) e Giappone (3400 o 4 per cento). Gli UHNWI sono protagonisti di una parabola ascendente anche negli altri paesi BRIC: in giugno 2011 se ne contavano 1970 in Russia, 1840 in India e 1520 in Brasile.
Raffronto internazionale: i dieci paesi in testa alla classifica della ricchezza media pro capite
In termini di ricchezza media pro capite della popolazione adulta, nel 2011 la Svizzera, l'Australia e la Norvegia conquistano il podio nel raffronto internazionale. Il primato mondiale spetta alla Svizzera, che con 540 010 dollari pro capite è l'unico paese a superare la soglia del mezzo milione. Singapore si posiziona dietro l'Australia quale seconda nazione più ricca della regione Asia Pacific e si aggiudica il quinto posto su scala mondiale per quanto attiene alla ricchezza media. L’Italia si attesta in ottava posizione.
Tabella 2: classifica dei primi dieci paesi per ricchezza media pro capite nel 2011
Graduatoria |
Paese |
Ricchezza media pro capite in giugno 2011 (in USD) |
Variazione percentuale da gennaio 2010 |
1 |
Svizzera |
540 010 |
27,7 |
2 |
Australia |
396 745 |
37 |
3 |
Norvegia |
355 925 |
17,6 |
4 |
Francia |
293 685 |
4 |
5 |
Singapore |
284 692 |
32,1 |
6 |
Svezia |
284 146 |
23,2 |
7 |
Belgio |
275 524 |
4 |
8 |
Italia |
259 826 |
0,7 |
9 |
Regno Unito |
257 881 |
2,8 |
10 |
Giappone |
248 770 |
17 |
La ricchezza globale dovrebbe aumentare del 50 per cento a 345 000 miliardi di dollari entro il 2016
Secondo le previsioni del rapporto, la ricchezza mondiale è destinata ad aumentare del 50 per cento a 345 000 miliardi di dollari entro il 2016, con un tasso di crescita annuo dell'8,4 per cento. Nello stesso periodo, la ricchezza pro capite della popolazione mondiale adulta dovrebbe progredire del 40 per cento rispetto al 2011, attestandosi a 70 700 dollari. Anche nel 2016 la principale fonte di ricchezza al mondo dovrebbero essere gli Stati Uniti, con un dato complessivo riferito alle economie domestiche pari a 82 000 miliardi di dollari. Si prevede che la Cina subentrerà al Giappone nel ruolo di secondo paese più ricco al mondo, con una crescita della ricchezza complessiva delle famiglie pari a 18 000 miliardi di dollari a quota 39 000 miliardi nel 2016, a fronte dei 31 000 miliardi del paese del Sol levante. Il terzo posto verrà condiviso da Francia e Germania, con 20 000 miliardi di dollari ciascuna. Nel prossimo quinquennio il segmento centrale della piramide della ricchezza, a cui appartengono gli individui con un patrimonio netto pro capite compreso tra 10 000 e 100 000 dollari, dovrebbe ampliarsi dall'attuale 24 per cento al 31 per cento della popolazione mondiale adulta. Prevediamo inoltre un aumento della quota di adulti con un patrimonio superiore a 100 000 dollari dall'8,8 per cento del 2011 al 10,9 per cento nel 2016.
Passi da gigante per le economie emergenti nei prossimi cinque anni
Alla luce delle prospettive di crescita più rosee, è lecito ipotizzare che nel prossimo quinquennio il dinamismo delle economie emergenti sarà nettamente superato da quello dei paesi sviluppati. In base alle previsioni, entro il 2016 la ricchezza della Cina e dell'Africa metterà a segno un incremento di oltre il 90 per cento, raggiungendo rispettivamente quota 39 000 e 5800 miliardi di dollari, mentre il dato riferito all'India e al Brasile dovrebbe più che raddoppiare a 8900 e 9200 miliardi di dollari.
La sensazionale portata dell'espansione dei paesi emergenti è sottolineata dal raffronto operato dallo studio tra le previsioni sull'aumento della ricchezza nelle economie emergenti dai tassi di crescita più elevati nei prossimi cinque anni e l'evoluzione degli Stati Uniti nel corso del XX secolo. La ricchezza complessiva della Cina, attualmente pari a 20 000 miliardi di dollari, equivale a quella degli Stati Uniti nel 1968 e nel prossimo quinquennio dovrebbe salire a 39 000 miliardi, lo stesso livello raggiunto dagli Stati Uniti nell'arco di 22 anni, tra il 1968 e il 1990. La ricchezza complessiva dell'India, che nel 2011 si attesta a 4100 miliardi di dollari, corrisponde invece a quella statunitense nel 1916, ma nel giro di cinque anni è destinata a raggiungere quota 8900 miliardi di dollari, pari al progresso compiuto dagli Stati Uniti nel trentennio tra il 1916 e il 1946. Parimenti, le prospettive di crescita della ricchezza complessiva del Brasile dagli attuali 4500 miliardi di dollari a 9200 miliardi nel 2016 equivalgono all'espansione messa a segno dagli Stati Uniti nel corso di 23 anni, dal 1925 al 1948.
Alla luce delle stime del rapporto, entro il 2016 il numero dei milionari nel mondo dovrebbe aumentare di 17 milioni a un totale di 47 milioni e su questo fronte le economie emergenti sembrano destinate a guadagnare parecchio terreno rispetto alle nazioni sviluppate (tabella 3).
Tabella 3: numero di milionari nei mercati emergenti nel quinquennio 2011-2016
|
Numero (in migliaia) |
Variazione |
|
2011 |
2016S |
(%) |
|
Cina |
1017 |
2381 |
134 |
Taiwan |
343 |
503 |
47 |
Brasile |
319 |
815 |
155 |
Corea del Sud |
217 |
425 |
96 |
India |
204 |
510 |
150 |
Singapore |
183 |
408 |
123 |
Messico |
175 |
344 |
97 |
Indonesia |
112 |
242 |
116 |
Turchia |
98 |
179 |
83 |
Russia |
95 |
171 |
80 |
Hong Kong |
89 |
146 |
64 |
Sudafrica |
71 |
243 |
242 |
Arabia Saudita |
44 |
64 |
45 |
EAU |
40 |
54 |
35 |
Malaysia |
39 |
73 |
87 |
Colombia |
37 |
56 |
51 |
Kuwait |
31 |
45 |
45 |
Argentina |
31 |
58 |
87 |
Egitto |
31 |
92 |
197 |
Cile |
28 |
40 |
43 |
Mondo |
29 674 |
46 580 |
57 |
Cronologia della ricchezza e impatto dell'invecchiamento demografico
Lo studio suggerisce che, in virtù della relazione tra investimenti finanziari netti e reddito e del rapporto debito/reddito nettamente inferiori a quelli delle economie mature, i mercati emergenti godono di un ampio margine di azione per incrementare la ricchezza personale. Sin dal 1980, tutti i paesi del G-7 evidenziano un sensibile aumento del debito delle famiglie in relazione al reddito e un rapporto tra investimenti finanziari e valori reali superiore a quello delle economie emergenti, che a loro volta tendono a esibire anche un rapporto tra patrimonio netto e reddito di gran lunga inferiore. Il rapporto sostiene che fattori quali l'aumento dell'aspettativa di vita e della durata della quiescenza, l'invecchiamento demografico e le crescenti incertezze in merito al reddito da lavoro e ai futuri costi sanitari sono destinati ad alimentare la necessità di risorse patrimoniali private, che nel corso del tempo comporterà un incremento del rapporto ricchezza/reddito nei paesi emergenti.
Il rapporto sottolinea inoltre che la relazione tra ricchezza ed età è destinata a svolgere un ruolo di primo piano nel contesto degli sviluppi demografici globali verso l'invecchiamento della popolazione, che innescherà un aumento della ricchezza media e del rapporto ricchezza/reddito sulla scorta della crescente domanda di investimenti finanziari rispetto a valori reali quali gli immobili. Le pressioni esercitate dall'invecchiamento demografico sui sistemi previdenziali pubblici e su altre misure assistenziali per gli anziani richiederanno con tutta probabilità una maggiore responsabilità privata in vista del pensionamento, che nel lungo periodo si tradurrà in un incremento della ricchezza delle famiglie.
Note agli editori
§ Il rapporto definisce la ricchezza come somma degli investimenti finanziari e dei valori reali (prevalentemente immobili) al netto del debito delle famiglie.
§ Tutti i dati attuali si riferiscono a metà 2011 e sono calcolati in funzione dei tassi di cambio praticati allora (senza parità del potere d'acquisto).
§ Le cifre presentate nel rapporto si basano sui migliori dati disponibili sui patrimoni e i debiti delle famiglie, aggiornati e stimati all'occorrenza. Per informazioni complete sulle fonti e sulla metodologia si rimanda al Global Wealth Databook 2011.
§ Le previsioni per il 2016 sono formulate dal Credit Suisse Research Institute sulla scorta delle stime delle tre componenti della ricchezza: investimenti finanziari, valori reali e debiti.
(Rac)conto bancario
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Consulenza finanziaria, il vero giudice è il Popolo
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Peter Grimmet, intervistato da Francesco D’Arco per ADVISOR ON LINE, aveva espresso le sue considerazioni sulla riforma dell’attività di distribuzione finanziaria e sui suoi possibili effetti in Europa. La ormai nota RDR, di cui, come ASSOFINANCE, avevamo già più volte detto e scritto, fin dall’ormai lontano intervento, di David Bower, nell’anno 2010, durante un convegno organizzato presso l’Università IULM di Milano. Appariva subito, come elemento “forte” nell’attività e nel pensiero della FSA, l’introduzione del divieto, a partire dal gennaio 2013, di ogni retrocessione che fosse legata al collocamento dei prodotti finanziari. Particolarmente forte in Italia a fronte delle decine di migliaia di promotori finanziari presenti, la cui attività, come noto, è remunerata con provvigioni. Oltre ai promotori, il costo delle piramidi sovrastanti più o meno piatte a seconda dei casi… Se l’Europa introducesse lo stesso divieto si porrebbe non solo la grande questione del come retribuire i promotori finanziari ma anche la domanda circa il senso stesso della loro attività. Un riverbero, sull’industria finanziaria italiana, di portata storica e tutto da lavorare nonostante molte reti di promotori si siano già affrettate ad aggiungere, nella cartella prodotti, anche il servizio di consulenza. Ma con quale gratificazione per il promotore per il quale la consulenza è, appunto, solo un nuovo prodotto e non impegno intellettuale? Osservava Grimmet: “il cliente deve capire che la consulenza ha un costo…” Questa premessa vale anche in Italia e si può aggiungere che, non solo il cliente deve capire che la consulenza ha un costo, ma deve anche decidere se intenda pagare il costo espresso in modo trasparente o opaco. La voce del Popolo, pare sollevarsi ed espandersi sul pianeta, invocando la trasparenza. Ma, a questo riguardo, Grimmet ha una chiosa triste perché , prevedendo costi significativi per le strutture di consulenza indipendente, ritiene che i piccoli risparmiatori non potranno permettersela.. Dissento. Nel tempo e neanche troppo lontano, le società di consulenza sapranno dotarsi dei processi necessari alla realizzazione delle economie di scala funzionali all’erogazione del servizio di consulenza per tutti: clienti grandi, medi, piccoli. strong>L’altro aspetto significativo, da punto di vista dei consulenti finanziari indipendenti, trattato da Grimmet è quello del requisito di indipendenza legato al riconoscimento degli incentivi. L’Italia, grande paese “discusso”, dentro e fuori dai suoi confini, in modo appropriato e, più spesso, inopportuno, ha già manifestato la sua leadership intellettuale sul tema capovolgendo, di fatto, il dilemma e adottando la sua soluzione. Il legislatore italiano ha già vietato “gli incentivi” per la consulenza finanziaria indipendente e li prevede, invece, per l’attività di consulenza finanziaria. Il nostro legislatore pare aver già anticipato e tracciato la strada per la finanza europea. Questo approccio normativo è quanto di più semplice e lucido si potesse scegliere. Dal nostro punto di vista, l’obbligo di non prendere soldi dall’industria finanziaria è gradito e coerente con il nostro ruolo; ci pare, altresì, che la consulenza finanziaria possa essere offerta, anche in conflitto di interessi e quindi con un mix di parcella e provvigioni/stipendi da altri attori della comunità finanziaria. Crediamo nel mercato. Sarà il risparmiatore a decidere se affidarsi ad un consulente puro, quindi indipendente, oppure ad un consulente in conflitto di interessi. Anche il Popolo dovrà compiere i suoi sforzi per emanciparsi, in finanza e non solo. di Giannina Puddu, presidente Assofinance
Commenta (0 Commenti)Trichet parla di crisi sistemica. Salvare gli stati o le banche?
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