L`arrivo della Grande Depressione (2008 - 2030)

Per chi come il sottoscritto è affascinato dalla teoria delle “convergenze parallele”, la massima di un ignoto ingegnere inglese dell`800 che sentenziava: “La stabilità di un edificio è inversamente proporzionale al sapere matematico del suo costruttore”, trova oggi la sua coincidenza significativa in questa: “La stabilità e la crescita di un sistema economico è inversamente proporzionale alle conoscenze di storia economica dei suoi tecnocrati”.

L`arrivo della Grande Depressione (2008 - 2030)

Perchè? La storia economica, intesa come lo studio dei fatti e degli accadimenti economici in una ottica di breve e di lungo periodo, insegna come la concentrazione delle soluzioni a improvvisi shock in orizzonti prevalentemente lunghi, ha dei risvolti sociali nell`immediato drammatici , per la “volontaria” incapacità di una equa redistribuzione degli oneri derivanti dalle operazioni di riassorbimento della crisi di turno. Pur tuttavia, i tecnocrati dell`epoca moderna perpetuano gli stessi errori, con una “sincronicità” sospetta.  

Un esempio magistrale, per comprendere come l`intervallo temporale che stiamo vivendo (iniziato nel 2008 e probabile fine nel 2030) possa essere ricordato come la Prima Grande Depressione del nuovo millennio, ce lo offre l`analisi della Prima Grande Depressione dell`epoca moderna, quella del 1873 – 1895, ripresa anche da uno studio  della dott.ssa Gloria Strambini, dal titolo “Crisi economiche, finanziarie, di panico e bolle speculative nella storia”:

“Dopo oltre trent`anni di incessante crescita economica, il fallimento della grande banca newyorkese di Jay Cooke diede il via ad un`ondata di panico che si diffuse nell`economia americana e poi in tutti gli altri paesi industrializzati.
Nel giro di pochi mesi la produzione industriale degli Stati Uniti cadde di un terzo per la mancanza di acquirenti mentre aumentava a dismisura la disoccupazione. Presto la crisi si diffuse anche in Gran Bretagna, Francia e Germania.
La manifestazione più evidente di questa priva vera crisi dell`economia moderna fu una forte eccedenza di offerta sulla domanda, ovvero la domanda non era in grado di assorbire l`offerta disponibile sul mercato, con conseguente caduta iniziale dei prezzi.

La crisi può essere spiegata grazie a tre fattori:

•    progresso tecnologico
•    aumento del numero di paesi industrializzati
•    imposizione di bassi salari.


Ai paesi tradizionalmente industrializzati (Gran Bretagna, Belgio, Francia) si affiancarono nuove potenze con grandi capacità produttive (Stati Uniti e Germania) e altri paesi a più lenta e tardiva industrializzazione (Italia, Russia, Giappone).

La situazione peggiorò ulteriormente quando si tentò di rispondere alla caduta dei prezzi con ulteriori riduzioni salariali che provocarono nuove cadute dei consumi.

Ma in questo periodo, la crisi accomuna anche due paesi: l`Italia e la Grecia.

L`anno 1893, infatti, è caratterizzato dalla “bancarotta” della Grecia e dal fallimento della nostrana “Banca Romana”.

Come ci ha ricordato Marco Zatterin in un suo articolo pubblicato su “La Stampa”, il 10 dicembre del 1893, il premier greco Harilaos Trikoupis, si presentò in Parlamento annunciando: << Mi spiace, ma siamo in bancarotta >> ( a seguito dell`impossibilità di ripagare un prestito statale in precedenza acceso). Le grandi nazioni europee di allora (Francia, Germania, Inghilterra, Italia, Russia, Austria) dopo l`iniziale sbandamento per l`incredulità delle affermazioni del governo greco, che aveva garantito fino all`anno prima di essere in grado di ripagarlo, ci misero cinque anni per decidere, ma alla fine, nel 1898 concessero alla Grecia un finanziamento al tasso del 2,5% (non molto diverso da quello della UE e del FMI del 2010 che fu però dato al tasso del 5,8% e poi ridotto di 1 punto %). Il salvataggio ebbe successo, ma il governo greco fu assoggettato ad una sorta di controllo esterno che di fatto durò 80 anni fino al 1978. Venne allentato con l`ingresso l`anno dopo nella Cee e sospeso all`atto dell`ingresso nell`euro, fidandosi di una sorta di autocertificazione sul possesso dei requisiti del trattato di Maastricht, con i risvolti che oggi conosciamo.

In Italia, invece nello stesso anno (1893), si assiste al tracollo della  “Banca Romana”, uno dei sei istituti di emissione (una sorta di banche centrali) ancora esistenti dopo 30 anni dall`unità d`Italia.
Wikipedia, l`enciclopedia libera, ci ricorda come in quel periodo le maggiori banche italiane si erano impegnate in prestiti a lungo termine soprattutto nel settore dell`industria edilizia e finirono col rimanere strettamente legate a quelle imprese da cui dipese alla fine la loro vita. A causa della crisi del settore edilizio, crollarono il Banco di Sconto e Sete, la Banca Tiberina, il Credito Mobiliare, la Banca Centrale. Ma il tonfo più clamoroso fu quello della Banca Romana il cui scandalo e in generale quello del sistema bancario, era causato dalla grave depressione iniziata nel 1887-88 e dagli eccessivi investimenti nel settore edilizio, dopo il trasferimento della capitale, specialmente a Roma e a Napoli a seguito delle operazioni di risanamento seguite al colera del 1884, che si rivelarono fallimentari per la stessa Banca Romana.
Per coprire le perdite, l`istituto di credito della capitale non solo iniziò a emettere nuova moneta senza autorizzazione, ma arrivò addirittura a stampare due serie di biglietti con lo stesso numero di serie, in modo da raddoppiare, senza darlo a vedere, l`emissione di moneta in circolazione. Difatti, a fronte dei 60 milioni di lire autorizzati, per cui possedeva sufficienti riserve auree, aveva emesso biglietti di banca per 113 milioni di lire, incluse banconote false per 40 milioni emesse in serie doppia.
Ora, la banca centrale dell`unione europea, la BCE ha di fatto stampato nuova moneta, tra dicembre del 2011 e febbraio del 2012, per più di 1.000 miliardi di euro con le due operazioni di LTRO a favore del circuito bancario europeo. Ma le riserve auree in suo possesso, a fine 2011, avevano un controvalore di circa 143 miliardi di euro.

autore: Antonio Mazzone

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