SARDEGNA. Continuità territoriale negata

SARDEGNA. Continuità territoriale negata

Cagliari, 13 giugno 2025. Di Elia Sanna

Mentre in Spagna e in Francia la continuità territoriale con le isole è un diritto garantito con strumenti chiari, efficaci e soprattutto funzionali alla vita dei cittadini, in Sardegna ci troviamo ancora una volta a fare i conti con un sistema inceppato, provvisorio, a tratti farsesco. 

Da decenni, la politica regionale, nazionale ed europea si rimpallano responsabilità, annunciano soluzioni, proclamano bandi e rinnovi, ma nella realtà i sardi continuano a pagare a caro prezzo la loro condizione insulare.

In Spagna, per esempio, i residenti delle Baleari e delle Canarie beneficiano di un rimborso statale pari al 75% del costo dei biglietti per i voli da e verso la penisola iberica. Un sistema che garantisce libertà di scelta, concorrenza tra compagnie e, soprattutto, tutela del diritto alla mobilità. 

Si viaggia senza essere ostaggio dei rincari stagionali o delle compagnie monopoliste.

In Francia, il modello scelto per la Corsica è diverso ma altrettanto efficace: una compagnia aerea selezionata tramite bando opera con tariffe bloccate, frequenze garantite e orari certi . Il sistema dura circa otto mesi per ogni gara, ma assicura regolarità e tariffe uguali, specie per i residenti. Non perfetto, ma comunque funzionante.

Nel frattempo, in Sardegna, ogni estate ci ritroviamo con voli a cifre astronomiche, collegamenti ridotti all'osso e voli in ritardo: in ostaggio delle compagnie aeree.

Si parla di “continuità territoriale” come di un concetto tecnico, astratto, mentre dovrebbe essere un diritto costituzionalmente garantito dall'art. 16:

“La Repubblica è tenuta a riconoscere le peculiarità ea promuovere misure per rimuovere gli svantaggi derivanti dall'insularità”.

Invece, diventa un campo di battaglia tra Regione, Governo, Bruxelles e compagnie aeree. 

E chi paga è sempre il cittadino.

I continui fallimenti – basti pensare al caos dei bandi deserti, ai ricorsi infiniti, ai collegamenti interrotti o gestiti all'ultimo momento – dimostrano una verità scomoda: in Italia, la politica non ha mai davvero voluto risolvere il problema. 

Troppa incompetenza, troppa burocrazia, troppo disinteresse verso un'isola che viene ricordata solo sotto elezioni o in chiave turistica.

Il confronto con Spagna e Francia dimostra che il problema non è tecnico, ma politico. Quando c'è la volontà, si trovano strumenti efficaci. 

Quando c'è una visione, si crea un sistema stabile. 

Ma in Italia la Sardegna è sempre stata vista come periferia: distante, marginale, sacrificabile.

È ora che la Regione Sardegna smetta di accontentarsi delle briciole e rivendichi con forza un diritto fondamentale: quello dei suoi cittadini a potersi muovere come tutti gli altri. Servono scelte chiare, modelli ispirati a chi ha già dimostrato che la continuità territoriale può funzionare. Basta con i compromessi al ribasso, basta con le soluzioni tampone, basta con le passerelle.

O si garantisce davvero la mobilità dei sardi, o si ha il coraggio di ammettere che lo Stato italiano ha rinunciato a trattare la Sardegna come parte integrante della sua comunità.