Da decenni, la politica regionale, nazionale ed europea si rimpallano responsabilità, annunciano soluzioni, proclamano bandi e rinnovi, ma nella realtà i sardi continuano a pagare a caro prezzo la loro condizione insulare.
In Spagna, per esempio, i residenti delle Baleari e delle Canarie beneficiano di un rimborso statale pari al 75% del costo dei biglietti per i voli da e verso la penisola iberica. Un sistema che garantisce libertà di scelta, concorrenza tra compagnie e, soprattutto, tutela del diritto alla mobilità.
Si viaggia senza essere ostaggio dei rincari stagionali o delle compagnie monopoliste.
In Francia, il modello scelto per la Corsica è diverso ma altrettanto efficace: una compagnia aerea selezionata tramite bando opera con tariffe bloccate, frequenze garantite e orari certi . Il sistema dura circa otto mesi per ogni gara, ma assicura regolarità e tariffe uguali, specie per i residenti. Non perfetto, ma comunque funzionante.
Nel frattempo, in Sardegna, ogni estate ci ritroviamo con voli a cifre astronomiche, collegamenti ridotti all'osso e voli in ritardo: in ostaggio delle compagnie aeree.
Si parla di “continuità territoriale” come di un concetto tecnico, astratto, mentre dovrebbe essere un diritto costituzionalmente garantito dall'art. 16:
“La Repubblica è tenuta a riconoscere le peculiarità ea promuovere misure per rimuovere gli svantaggi derivanti dall'insularità”.
Invece, diventa un campo di battaglia tra Regione, Governo, Bruxelles e compagnie aeree.
E chi paga è sempre il cittadino.
I continui fallimenti – basti pensare al caos dei bandi deserti, ai ricorsi infiniti, ai collegamenti interrotti o gestiti all'ultimo momento – dimostrano una verità scomoda: in Italia, la politica non ha mai davvero voluto risolvere il problema.
Troppa incompetenza, troppa burocrazia, troppo disinteresse verso un'isola che viene ricordata solo sotto elezioni o in chiave turistica.
Il confronto con Spagna e Francia dimostra che il problema non è tecnico, ma politico. Quando c'è la volontà, si trovano strumenti efficaci.
Quando c'è una visione, si crea un sistema stabile.
Ma in Italia la Sardegna è sempre stata vista come periferia: distante, marginale, sacrificabile.
È ora che la Regione Sardegna smetta di accontentarsi delle briciole e rivendichi con forza un diritto fondamentale: quello dei suoi cittadini a potersi muovere come tutti gli altri. Servono scelte chiare, modelli ispirati a chi ha già dimostrato che la continuità territoriale può funzionare. Basta con i compromessi al ribasso, basta con le soluzioni tampone, basta con le passerelle.
O si garantisce davvero la mobilità dei sardi, o si ha il coraggio di ammettere che lo Stato italiano ha rinunciato a trattare la Sardegna come parte integrante della sua comunità.