S&P 500: Rally Tecnico o Segnale di Fondo?

Milano, 7 maggio 2025. A cura del Team di Gestione Pharus
La settimana che si è appena conclusa ha offerto spunti interessanti per comprendere le dinamiche di fondo che muovono i mercati finanziari in questa fase particolarmente sensibile.
In assenza di nuovi sviluppi rilevanti sul fronte dei dazi, sono stati i dati macroeconomici e le trimestrali a guidare il sentiment degli investitori.
Ma il vero filo conduttore resta uno: la percezione, sempre più concreta, che esista una "Trump Put".
Partiamo dai mercati azionari con l’S&P 500 (in dollari) che si trova a circa il -7% dal massimo storico, nonostante le turbolenze tariffarie degli ultimi due mesi, la tenuta dell’indice è sorprendente.
Dopo un ribasso massimo del -20%, abbiamo assistito a un rimbalzo del +17% dai minimi del 7 aprile.
Anche sul mercato obbligazionario il comportamento è stato simile. Quando i Treasury a lunga scadenza trentennale hanno toccato il 5%, è bastato poco per generare una distensione della retorica governativa. I tassi a 10 anni sono oggi tornati al 4,30%, mentre quelli a 30 anni si aggirano sul 4,80%. Segnali che i mercati hanno ben interpretato.
Più in generale Dal punto di vista degli utili aziendali, la stagione del primo trimestre si sta rivelando meno negativa del previsto, ma con un messaggio chiaro: il peggio, se dovesse arrivare, sarà nella seconda metà dell’anno.
Siamo al 72% delle società dell’S&P 500 che hanno finora riportato, battendo nel 75% dei casi le stime, con gli analisti che stanno rialzando le stime per il primo trimestre, ma stanno invece continuando ad abbassare le aspettative per il secondo, terzo e quarto trimestre, con la stima per l’intero 2025 scesa oggi al 9.5% dal 15% atteso ad inizio anno.
Infine uno sguardo alle valutazioni: il rimbalzo dei listini è stato guidato da una rivalutazione dei multipli, più che da una revisione al rialzo delle prospettive sugli utili.
Il P/E forward dell’S&P 500 è sceso da 22,5 a 20 mentre quello delle magnifiche 7 è crollato da 30 a 22. Valutazioni più vicine a quelle medie storiche e coerenti con uno scenario di normalizzazione, ma non ancora attraenti se davvero ci dovessimo avvicinare a una fase recessiva.
In sintesi, ci troviamo in un equilibrio fragile, il mercato sembra avere imparato che Trump interviene prima di perdere il controllo del mercato, un atteggiamento che può ridurre temporaneamente la volatilità percepita, ma che non elimina le incertezze strutturali, soprattutto se, come appare probabile, la crescita economica inizierà a risentire del peso delle tariffe nel secondo semestre.
La Fed si riunirà questa settimana, ma per ora resta sullo sfondo, pronta a intervenire, ma non ancora convinta, con gli indici ritornati in breve tempo in media valutativa la selettività resterà fondamentale.