IL VUOTO. IL LIBRO DI GIANLUIGI BOCCHETTA

IL VUOTO. IL LIBRO DI GIANLUIGI BOCCHETTA

Giannina Puddu, 19 aprile 2024.

Con piacere, propongo alla vostra attenzione il libro IL VUOTO, del caro amico Gianluigi Bocchetta, uomo dalle mille e una risorsa, innamorato della vita che si esprime in ogni sua forma di armonia e bellezza, pubblicato dall'Editore Gambini nel gennaio 2022.

Del libro si legge che "Partendo dall’investigare la struttura della materia, composta in realtà da particelle subatomiche di pura energia, che costituiscono la parte piena dell’universo, si cerca la parte vuota, trovandola nello spirito, nell’anima.

La conclusione è che pieno-materia e vuoto-anima sono inscindibili, eterni ed infiniti.

Dunque parlare di materia e di spirito in modo separato porta in entrambi i casi a discorsi e definizioni incomplete ed inesatte, in quanto centrate su una sola parte del tutto, dimenticando che il tutto, cioè l’universo, è essenzialmente ed indissolubilmente costituito da due componenti.

Compagni di viaggio sono Eraclito, Parmenide, Pitagora, Yeshua, Francesco da Assisi, il Budda Shakiamuni, Zenone, Achille e la Tartaruga, l’imperatore Adriano, il Cammello che è passato per la cruna dell’ago, Campanellino (la fatina alata amica di Peter Pan). Con la partecipazione di Werner Karl Heisenberg, Fabrizio De Andrè, Michail Bakunin, Bob Kennedy ed altri non meno importanti personaggi."

La prefazione del Cardinale Francesco Coccopalmerio.

È difficile inquadrare questo libro in una delle categorie a cui siamo abituati.

È un’opera scientifica? Sì, forse, in parte.

È filosofica? Certamente, ma non solo.

È religiosa, o comunque riguarda il trascendente? Anche qui la risposta è la stessa.

Il vuoto non è argomento nuovo, è qualcosa difficile da indagare, anzi, ad essere precisi, non è neanche qualcosa, e l’indagine su un’entità non soggetta ai sensi, da sempre, è affascinante ma complicata, e spesso più che dare risposte, suscita dubbi e nuove domande in continuazione.

Volendo, si può considerare questo testo come un percorso diviso in due parti, la prima di carattere più squisitamente scientifico-filosofico, la seconda dedicata alla spiritualità: non a caso il capitolo finale, il più corposo di tutti, si intitola “Anime”, e complessivamente si può dire che tutto ciò serve a proporre una visione dell’universo basata sull’eterno ed infinito connubio inscindibile costituito dal “pieno” della materia-energia e dal “vuoto” dello spirito-anima, considerando fuorviante e sbagliato l’esame separato delle due componenti.

Ciò porta anche a una visione di Dio che, senza minimamente sminuirlo, lo considera eternamente presente, in ogni tempo e in ogni luogo, non altrove, lontano, in un empireo ultraterreno.

Il capitolo 6 si intitola così: “…e l’uomo creò Dio, e lo fece a sua immagine e somiglianza”.

Così a prima vista meriterebbe un anatema, un’accusa di blasfemìa, ma leggendo, e leggendo anche oltre, ci si accorge che sotto accusa e ridicolizzato non è certamente Dio, ma l’uomo, che tende a sottrarsi alle proprie responsabilità mettendosi al riparo con la creazione di un’immagine di Dio lontano, definito padre, ma descritto spesso come un padrone, mentre Dio, poiché certamente è Padre, non è mai né despota né padrone, né tanto meno inconoscibile e imperscrutabile, Dio è molto chiaro: Egli è il bene e vuole il bene.

Si sente lungo tutto il percorso di questo scritto, e particolarmente nella seconda parte, che si apre con un dialogo particolare con il Cammello, quello che è passato per la cruna dell’ago mentre il ricco tentava invano di entrare in Paradiso, un incessante richiamo a un principio fondamentale: il bene unisce, il male divide.

C’è un riferimento costante a Gesù, visto come fratello, e viene alla mente la splendida cantata di Bach “Jesus bleibet meine Freude”, cioè “Gesù rimane la mia gioia”, a significare che, anche se non c’è, fisicamente, Gesù è in ogni luogo e in ogni istante, e rimane, sempre, portatore di gioia, fratellanza, unione.

È un testo che si legge senza troppa difficoltà, non è “per iniziati”, gli argomenti sono a volte complessi, ma esposti con semplicità.

Del resto, i personaggi o, meglio, i maestri a cui spesso si fa riferimento in queste pagine, sono semplici e limpidi: filosofi che parlavano nella Grecia di due o tremila anni fa, Gesù, il Budda, semplici e chiari.

Si può forse dire che la semplicità è divina e la complicazione è invece diabolica?

A un certo punto del percorso c’è un’affermazione tanto decisa e chiara quanto difficile da dimostrare: “l’universo è semplice”.

Si potrebbe dunque dire che Dio è semplice e che tutte le complicazioni che ci affliggono sono nostre creazioni, che nascono quando inciampiamo nel male, quando deviamo dalla via dell’unione e dell’amore per soccombere agli egoismi e alle divisioni che nascono dalla chiusura nel proprio io che porta a dimenticare di essere parte del tutto.

È un libro pieno di interrogativi, a volte con risposte semplici, a volte con risposte che aprono altri interrogativi, ma è bene così, gli interrogativi inducono alla ricerca, alla riflessione, non sono ostacoli, sono stimoli.

Una cosa tuttavia emerge con chiarezza: l’universo non è solo materia, né solo spirito, ma entrambe le realtà indissolubilmente unite.

L’ultima parte è quasi interamente dedicata al dualismo Bene-Male, considerato come l’unico dualismo del tutto inconciliabile, non suscettibile di compromessi. Gesù stesso dice: “chi non è con me è contro di me”.

In questa parte finale del libro, fino alle ultime pagine, gli elementi negativi, la presenza diabolica di Mammona, preso come simbolo infernale in quanto dèmone legato al possesso, al denaro, all’avidità, pesano come macigni, sembrano descrivere l’approssimarsi di un trionfo totale e definitivo del Male.

E purtroppo le realtà negative descritte sono ben visibili, perseguitano costantemente le anime volte al Bene, ma la conclusione apre a un esito positivo, al trionfo del Bene, del resto chiaramente espresso da Giovanni nell’Apocalisse.

La nota dell'editore Isabella Gambini:

Il vuoto da sempre affascina l’essere umano. Questo tema viene indagato in un libro accattivante, scorrevole e ricco di interrogativi che si presenta colmo di spunti e riflessioni È difficile definire in poche righe le peculiarità di questo volume di Gian Luigi Bocchetta, che con un linguaggio accattivante e al contempo semplice e colloquiale si snoda fra domande e quesiti filosofici intorno al tema del vuoto.  La realtà viene investigata attraverso le lenti della fisica, della chimica, della biologia, della filosofia antica; intervengono perfino il mito, aneddoti variegati e curiosi e perfino dialoghi con creature della fantasia, spaziando dalla consistenza dei sogni ai ragionamenti sulla natura dell’anima. Tutto concorre alla narrazione di ciò che è e di ciò che non è, dell’energia e delle forze che agiscono intorno a noi, nel macrocosmo e nel nostro piccolo essere uomini. I punti interrogativi sono più dei punti fermi, in questa indagine di Bocchetta, che non si propone di dare risposte certe al mistero del vuoto, ma ci induce a considerarlo nel suo connubio con le due componenti essenziali dell’universo: il pieno-materia eternamente intessuto con il vuoto-anima. 

Il commento di Pier Carlo De Cesaris, ingegnere, docente emerito di ingegneria industriale.

Vuoto, parola autoestinguente nella sua stessa essenza sintesi, concetto che per la sua assoluta pienezza limita illimitatamente sé medesimo, pienezza assoluta quale limite dell’illimitato che è assenza di limite per esseri limitati, questo è vuoto.

Almeno a me piace credere che lo sia. Che la formulazione dell’antico allievo del Maestro Lao ben la comprenderebbe il filosofo arabo della ineffabile inconoscibilità dell’essere divino così come ben la comprenderebbe Heisemberg e non certo da ultimo Eraclito - oscuro affatto egli fu - questo a me piace credere.

Davvero l’uomo è misura di tutto ciò che è, di ciò che è in quanto è, di ciò che non è in quanto non è. Ma allora se questa formulazione luminosissima ha solo valore all’interno del perimetro delle possibilità esperienziali della forma di vita uomo, significa essa che l’oltre è nulla? Significa forse essa che l’oltre la cui realtà è il nulla è vuoto di realtà non esistendo? Non credo. L’oltre è ciò che è al di là ed al di fuori della percettibilità intrinseca del potenziale sensibile ed intellegibile di questa forma di vita che si autodefinisce uomo.

Vi è, in tal senso, un oltre nel tutto? O vi è un oltre solo al di là dei limiti dell’illimitato? Me lo sono chiesto da quando lessi Eraclito al Liceo e da allora ogni mio uscire fuori dalle vie del concreto e rifugiarmi in quei labili scintillanti sentieri marini che scie di bave di vento e lacerti di ondina e flebili vagiti di correnti mutevolmente puoi osservare rilucere sotto il sole, sì certo le crêuze de mä di Faber, da allora mi portano sempre più vicino ai confini dell’oltre, sempre più vicino al suo di là, al vuoto che pieno di sé stesso vuoto non è.

Ecco, Gianluigi, scrivendo, di una di quelle crêuze di mare ne ha fatto un compiuto momento di riflessione ed espansione. A me luminosissimamente illumina, questo suo pienissimo vuoto.

Gianluigi Bocchetta, autore del libro e della magnifica rosa in copertina che aveva disegnato per regalarla a Maria Antonietta, sua compagna di vita, perchè questa rosa come il loro amore non sfiorisse mai, è un architetto, nato a Genova il 24 ottobre 1949.

Architettura, pittura e musica sono i campi di attività nei quali opera con uguale impegno e passione.

Da sempre infatti dipinge e ama la musica; una passione, quest’ultima, che a quindici anni lo porta a imparare a suonare la chitarra. Nel 1970 è tra i membri fondatori del coro Laeti Cantores di Roma, fra i cui componenti seleziona un piccolo gruppo. Da allora si dedica a ricerche sulla musica antica, ad armonizzazioni di canti popolari e brani dei cantastorie provenzali, e quindi alla composizione di pezzi originali.

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