GIACOMO VACIAGO. CIAO GRANDISSIMO PROFESSORE!

Oggi ho saputo della morte di Giacomo Vaciago. La morte l`ha preso  il 23 marzo 2017. Tutti i giornali lo ricordano come ex Sindaco di Piacenza e come consulente di bla, bla, bla.... Avevo avuto il grande piacere di conoscerlo, di parlargli, di ascoltarlo  e di riceverlo, come relatore, ai nostri Convegni ASSOFINANCE. Io, voglio ricordarlo come uomo di rara intelligenza e competenza. Credo sia stato il primo intellettuale italiano a comprendere il rischio nazionale implicito nell`adozione del `fiscal compact`. Era un cervello forte e libero. Giannina Puddu - Presidente ASSOFINANCE Da L’ESPRESSO del 1 marzo 2016: C`è poco da rallegrarsi, quest`anno sarà nuova recessioneI dati dell`Istat dicono che l`anno scorso il Pil è cresciuto dello 0,8 per cento, il deficit è sceso al 2,6 per cento e i posti di lavoro sono aumentati. Renzi gongola, ma secondo gli esperti il futuro è nero. Perché l`economia mondiale arranca e la Bce ha le armi spuntate. `L`unica soluzione è sospendere il fiscal compact` di Stefano Vergine «Tutti i governi dicono che bisogna fare qualcosa, il problema è che nessuno lo fa. Il nostro è un mondo interdipendente, come ai tempi degli imperi. Solo che gli imperi governavano, i governi attuali sono senza imperatori». Giacomo Vaciago, docente di Economia monetaria all`Università Cattolica di Milano, di fronte agli ultimi dati economici invita a non rallegrarsi. E a guardare oltre confine, perché solo da lì può arrivare una soluzione. L`Istat ha certificato che, dopo nove mesi, il nostro Paese è tornato in deflazione: a febbraio, rispetto a un anno fa, i prezzi sono scesi in media dello 0,3 per cento. Così ha fatto l`Unione europea nel suo complesso, dove l`inflazione è stata pari a -0,2 per cento su base annua. Professore, che cosa significano questi numeri? «Significa che i soldi tenuti sotto il materasso in Italia rendono lo 0,3 per cento. Quando i prezzi scendono, la banconota vale di più. La conseguenza è che la gente non compra, perché sa che il prossimo mese tutto varrà un po` meno, quindi vale la pena di aspettare, e questo ovviamente fa peggiorare l`economia». Il governo Renzi aveva stimato l`inflazione all`1 per cento quest`anno, mentre dai dati Istat la stima è di -0,6 per cento. Questo creerà dei problemi sulla riduzione del debito pubblico. «Certamente. In generale, infatti, grazie all`inflazione il valore reale dei debiti si riduce, mentre se c`è deflazione l`onere aumenta. Noi, come tanti altri Paesi, ci troviamo in questa seconda situazione, quindi inevitabilmente c`è un problema da risolvere, perché il rapporto fra debito e Pil aumenterà». La previsione del governo è ridurre il rapporto debito/pil dal 132,6 per cento del 2015 al 131,4 per cento entro fine anno. Resta un obiettivo perseguibile? «Le soluzione sono due: o si riduce il debito, oppure si agisce sulla crescita, perché aumentando il Pil si riduce il rapporto fra esso e il debito pubblico. Questo è quello che dovremmo fare: preoccuparci della crescita, non del debito, altrimenti restiamo nel circolo vizioso dell`austerity. Se nella situazione attuale cerchiamo di tagliare ulteriormente debito, cosa che si può fare solo riducendo ancora la spesa pubblica, vuol dire che ci piace farci del male. È Bruxelles che lo vuole, e io non capisco perché, arrivati a questo punto, non facciamo anche noi un referendum per uscire dall`Ue come farà la Gran Bretagna». Ci sono alternative? «L`alternativa è sospendere il fiscal compact (il contenimento del debito pubblico di ogni Paese dell`Ue, ndr). Questa politica economica va ripresa solo quando il pil europeo sarà cresciuto per due anni a un tasso almeno del 2 per cento annuo». L`Italia ufficialmente sta provando a sostenere la linea della crescita. «Sì, ma con scarsi risultati, anche perché è da sola in questa battaglia. Lo scorso weekend, al G20 di Shanghai, il ministro Padoan ha presentato un documento di 9 pagine per sostenere la necessità di puntare sulla crescita, ma non c`è stato un governo degli altri 18 Paesi dell`Ue che abbia detto siamo perfettamente d`accordo con gli italiani. Finché ognuno va per la sua strada da questa situazione non se ne esce». I dati appena pubblicati dall`Istat dicono che nel 2015 il Pil è cresciuto dello 0,8 per cento in un anno, lei però sostiene che stiamo entrando in una nuova recessione. Perché? «Già alla fine dell`anno scorso il nostro Pil era in calo, e questo è dipeso principalmente dal rallentamento dell`economia globale. Lo scorso 11 agosto le Borse cinesi sono crollate per la prima volta, poi i ribassi sono continuati. I cinesi hanno investito tanto nelle economie occidentali e noi in Cina. Nel mondo interdipendente, quando un Paese va bene tutti festeggiano, ma quando uno va male sono guai per tutti, e quando ad andare male è la Cina il problema è ancora più grande. Già alla fine dell`anno scorso le nostre esp

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