TASSI DI INTERESSE NEGATIVI: UNA BENEDIZIONE E UNA MALEDIZIONE

Dalla crisi finanziaria del 2008 le banche centrali sono diventate iperattive. Prima hanno abbassato i tassi di interesse a zero. Poi hanno inondato i mercati finanziari di liquidità. Di recente, come se non bastasse, alcune hanno introdotto dei tassi di interesse negativi. Mentre queste misure hanno aiutato probabilmente l’economia e sostenuto i mercati finanziari, hanno anche creato immense sfide per gli investitori. Di Cristophe Bernard - Chief Strategist VONTOBELLe autorità monetarie dell’eurozona, del Giappone, della Svizzera, della Svezia e della Danimarca stanno applicando tassi di interesse negativi – di vari gradi – sulle riserve delle banche. Inoltre molti titoli di Stato emessi dai principali paesi industrializzati sono negoziati a tassi negativi alla scadenza (vedi grafico 1). Questa situazione senza precedenti mette in dubbio le tesi tradizionali sul funzionamento del sistema finanziario. La teoria finanziaria parte dall’assunto che le persone preferiscono ottenere qualcosa subito piuttosto che in futuro: un euro domani vale meno di un euro oggi. Il diffondersi dei tassi di interesse negativi cambia il quadro: i risparmiatori di oggi devono pagare per avere il privilegio di prestare denaro. Partono implicitamente dal presupposto che la deflazione aumenterà il potere di acquisto reale dei loro risparmi nonostante i tassi nominali negativi. Un cinico potrebbe controbattere che i tassi negativi sono la prova tangibile del fallimento delle banche centrali, che non sono riuscite a raggiungere i loro obiettivi di reflazione.Come si è giunti a tanto?La disinflazione mondiale non è un fenomeno nuovo: da decenni la globalizzazione e internet spingono i prezzi al ribasso. A ciò si aggiunge il fatto che il rallentamento della produttività e le tendenze demografiche negative nelle maggiori economie frenano la crescita economica mondiale. E infine una serie di crisi ha lasciato il mondo nella morsa del debito: la bolla “dotcom” nel 2000, lo scoppio della crisi immobiliare “sub-prime” nel 2008 e il crollo dei prezzi delle materie prime dal 2011. Tutti questi fattori gravano sulla crescita. Per prevenire una depressione economica, le banche centrali hanno abbassato i tassi di interesse a zero ed esteso in modo massiccio i loro bilanci, acquistando grandi quantità di titoli di Stato. Poiché queste misure non hanno prodotto gli effetti desiderati, alcune di loro hanno fatto ricorso a tassi negativi. Vincitori e vintiPer il momento non è possibile giudicare se questa politica permetterà alle banche centrali di raggiungere i loro obiettivi. I risparmiatori sono indubbiamente tra i perdenti, mentre i debitori sono i chiari vincitori di questa politica dei tassi negativi. I più avvantaggiati sono i governi altamente indebitati, perché devono spendere meno per il servizio del debito. Questo può essere un fattore positivo, purché i responsabili politici usino questo “regalo monetario” per implementare riforme strutturali e sostenere la crescita tendenziale. Purtroppo l’esperienza mostra che i governi potrebbero essere tentati di procrastinare le riforme necessarie per paura di perdere le prossime elezioni. Tra le vittime più evidenti dei tassi di interesse negativi ci sono le società e le istituzioni finanziarie: le banche vedono schiacciati i loro margini netti sugliinteressi e gli assicuratori vedono messi in causa i loro business model. Gli istituti di previdenza hanno sempre più difficoltà a far fronte ai loro impegni. È vero che i tassi di interesse estremamente bassi spingono al rialzo i prezzi dei titoli e la qualità dei prestiti, portando una certa distensione. D’altro canto, le banche commerciali potrebbero reagire al calo della profittabilità concedendo meno prestiti – esattamente l’opposto dell’effetto auspicato con i tassi di interesse negativi. Questo è il motivo per il quale la Banca centrale europea (BCE) ha introdotto di recente un sistema in cui le banche che soddisfano certi benchmark di prestito ricevono un sussidio fino a 40 punti base.

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