E’ terminato ma non finito il mito di Wimbledon: vale anche per la finanza?

Vi segnaliamo un interessante e originale contributo del Professor Santorsola, Ordinario di Economia degli intermediari Finanziari, Università Parthenope di Napoli. 

E’ terminato ma non finito il mito di Wimbledon: vale anche per la finanza?

Dopo 77 anni il mito di Wimbledon è terminato ma non è finito. Andy Murray, britannico (scozzese) ha vinto il torneo del Grande Slam, giocatosi sui campi in erba del circolo All England Lawn Tennis Club,situato in Church Road dopo il quartiere di Fulham a Londra.

Mi spiego meglio per farmi comprendere: dal 1937 (vincitore Fred Perry) a domenica 7.7.13, il torneo di Wimbledon è stato organizzato dai britannici senza mai vincerlo, ma sempre con grandi entusiasmo e capacità organizzativa. Tale approccio, invero inusuale nella durata ed anche nella dinamica dei comportamenti degli spettatori e di tutti i soggetti coinvolti, è stato da me più volte associato alle condizioni del mercato finanziario britannico, le cui dimensioni sono assolutamente rilevanti perché accoglie un gran numero di strumenti finanziari, intermediari e gestori “stranieri” che individuano in quella piazza il luogo migliore per intessere efficaci negoziazioni.

Le società britanniche, così come i tennisti non appongono ostacoli a queste presenze che competono  strenuamente nell’ambito della raccolta dei capitali. Le banche e gli stockbroker nazionali traggono beneficio dall’alta competizione che si realizza in presenza di tutti i migliori operatori. Così come i tennisti inglesi hanno certamente imparato negli anni dal confronto con tutti i migliori del mondo.

In parallelo, il 7 luglio il pubblico di Wimbledon ha applaudito Murray esattamente come in passato aveva festeggiato gli altri vincitori tutti stranieri, ha celebrato con ammirazione i migliori colpi apportati da Djokovic, non ha invaso il campo (come sarebbe forse accaduto in Italia dopo soli 37 anni dall’ultima vittoria italiana nel meno importante torneo del Foro Italico) e lo stesso Murray ha mantenuto un comportamento conforme alle note rigide regole del circolo londinese. Tutto nell’ottica di un adeguato level playing field ….. quest’anno anche per lo stato dell’erba.

Altrettanto, banche e società britanniche sono state spesso liete che il proprio mercato sia stato il trading venue ove grandi negoziazioni e scambi sempre frequenti hanno costantemente avuto luogo per esplicita scelta dei maggiori operatori internazionali rispetto alla presenza nelle proprie piazze d’origine.

Ecco perché pur terminando (anche per me) la possibilità di citare il parallelo fra il mio sport preferito ed il mio settore prevalente di attività professionale e di ricerca, non è finito il mito sia del Torneo sia del mercato ottimale che accoglie con oggettività gli intermediari migliori, gli strumenti finanziari più attraenti, offrendo in tal modo il sistema finanziario più efficiente e meglio strutturato..

Ricordo e sottolineo peraltro che la società che detiene il controllo del London Stock Exchange controlla anche il M.O.T.  (oggi EuroM.O.T.), intesa quale piattaforma negoziale di origine italiana per i titoli obbligazionari.

Anche questo mercato, negli ultimi anni, è diventato un mercato internazionale aperto, nel quale sono quotati e negoziati titoli (soprattutto di Stato) di moltissimi Paesi, senza condizioni di particolare vantaggio per quelli nazionali. E’ noto immagino che a Wimbledon esiste sia il campo centrale che il campo numero 1, come nel caso citato…..