Il credit crunch e un dilemma complesso

Scritto da Antonella Simone. Credit crunch: è stato l`inizio della fine o è un fenomeno attuale? Entrambe le cose. Questa crisi, finanziaria prima ed economica poi, è iniziata in modo confuso con lo scoppio della bolla dei subprime e dei derivati e si protrae in maniera ancora più complicata. La rapidità di trasmissione del contagio dal mondo finanziario a quello economico delle imprese è dovuta principalmente al ruolo delle banche, già molto attenzionate dai recenti fenomeni di sensibilizzazione pubblica, per cui non ci preme sottolineare gli aspetti sociali del fenomeno, quanto le dinamiche tecniche, analizzando le quali potremmo cercare delle soluzioni fattive. L’attuale complessità della stretta creditizia è dovuta a due ordini di problemi strutturali del sistema economico.   Primo. Le banche devono operare nel rispetto di regole, operative e di vigilanza, internazionali e questo si traduce in vincoli procedurali e accantonamenti di capitale che rendono il sistema dei prestiti oggettivamente vischioso.

Il credit crunch e un dilemma complesso

Basilea 2 e 3 sono la traduzione ufficiale di uno schema operativo ineludibile. E se le imprese hanno sofferto gli effetti dell’applicazione dei dettami di Basilea già prima della sua entrata in vigore, quando lo standing creditizio era critico ma ancora positivo, ora che la situazione economica generale ha peggiorato i rating di tutti, stati compresi, la stretta creditizia rischia di essere pesante.
Secondo. Il contesto macroeconomico, appunto, di declassamento dei rating degli stati rende la questione della tenuta dei conti delle banche ancora più delicata, essendoci nei portafogli di tutte le banche una ingente quantità di titoli di stato. Per cui le banche devono “salvare” l’economia degli stati sostenendone il sistema imprenditoriale e contemporaneamente tutelare se stesse con ampie ricapitalizzazioni che assorbono la liquidità necessaria a sostenere le imprese.
Uscire da questo loop è possibile solo se si torna a produrre ricchezza invece di preoccuparsi su come dividere o allocare quella rimasta, da qui l’esortazione alla crescita da parte del Fondo Monetario Internazionale e di Confindustria.

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