Napolitano e la svolta di politica economica

Un evento storico al quale l`Italia corporativa e cialtrona non era abituata. ll discorso sferzante di Napolitano alle Camere riunite non lascia dubbi. A 56 giorni dalle elezioni del 25 febbraio, è finito lo stallo di una politica bizantina legata a rituali inutili e antipopolari.

Napolitano e la svolta di politica economica

Corruzione e assenza di trasparenza sono stati evocati più volte dal neopresidente. Il contrasto con il Paese reale è di tutta evidenza. Basti pensare che sul tavolo del ministero dello Sviluppo vi sono i dossier di 148 imprese in crisi con 150 mila dipendenti. I fallimenti procedono al ritmo di 56 imprese al giorno. Si temono altri 500 mila disoccupati. Ebbene, solo ieri Equitalia si è ravveduta ed ha rinunciato ai pignoramenti, finora possibili anche per pensioni di 1200 euro (il nuovo tetto minimo è 5000 euro). L`8 marzo scorso Equitalia aveva addirittura aumentato i tassi di morosità del 16%. Sempre sotto l`egida del Tesoro, i `tecnici` hanno ideato oltre 10 decreti attuativi e 36 passaggi burocratici perché un`impresa possa incassare il proprio credito verso la Pubblica amministrazione. Ballano qualcosa come 90 miliardi di euro che potrebbero rimettere il Paese sul cammino della ripresa rilanciando la domanda interna e liberando più risorse per gli ammortizzatori sociali. Non sorprende che una Confindustria vendicativa, attraverso il Sole 24Ore di oggi, abbia attaccato con un`intera pagina (con richiamo in prima) il ministro Vittorio Grilli (che ha subito rivendicato totale trasparenza con il fisco) denunciandone i conti nei paradisi fiscali e i contanti per la ristrutturazione della sua casa con piscina ai Montiparioli. Solo la moralità di Napolitano, autentico `public servant`, può fermare l`ira delle piazze alimentata dalla regia del Movimento a 5 stelle. La riconferma di Napolitano ha aiutato i mercati finanziari, agevolati dall`ok del G20 alla politica monetaria espansiva del Giappone. Sta di fatto che i tassi Btp sono scesi ai minimi dal 2010 (rendimento al 4,05%) con lo spread in calo a 268 punti. C`è una svolta anche nella percezione di risk analysis (basti pensare che le azioni italiane sono sottovalutate di almeno il 40%). Ma per tornare a spread normali e duraturi servono riforme e stabilità. Ecco perché la proposta di Giavazzi (Corriere del 22 aprile) di ridurre di 4 punti la pressione fiscale (è al 44% pari al 52% reale) rappresenta l`idea di una nuova politica economica ben lontana dalla ottusità espressa in questi ultimi anni a via XX Settembre da Tremonti prima e Grilli poi. Le proposte di Giavazzi giungono nel momento giusto poiché l`Unione europea ha di fatto chiuso l`era dell`austerità i cui effetti recessivi stanno raggiungendo tutta Europa. Come reperire le risorse per ridurre le tasse? La ricetta Giavazzi si condensa in quattro punti nell`arco di cinque anni: a) tagliare subito circa 12 miliardi di sussidi a pioggia; b) recuperare una parte consistente dei 30 miliardi legati alle agevolazioni fiscali; c) ai ricchi va offerto uno scambio: meno tasse ma in compenso cominciare a pagare alcuni servizi come università e sanità; d) recuperare 10 miliardi dagli incentivi alle energie rinnovabili. Vi è un codicillo: per attuare queste o altre misure incisive devono essere sostituiti quei tecnici del Tesoro che con la loro ottusità burocratica rendono impossibile qualsiasi `implementation` in tempi rapidi.

Scritto da Guido Colomba, membro del Direttivo AssoFinance – Direttore responsabile “The Financial Review”.

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