Euro: problema od opportunità ? Parte seconda

Anche in questi giorni ho avuto modo di verificare quanta disinformazione esista nel nostro paese circa l’Euro, i vantaggi e gli svantaggi, sia nell’averlo adottato, sia qualora si decida di uscirne.

Euro: problema od opportunità ? Parte seconda

Per certi versi ritengo che la grande responsabilità di questa situazione sia della classe dirigente, politica ed imprenditoriale.

Certo che l’uomo della strada avrebbe però oggi il dovere di informarsi e qualora non lo facesse, a mio modesto avviso, ne diventerebbe complice a tutti gli effetti.

In questi giorni è stato presentato – o ripresentato – il manifesto per la solidarietà europea http://www.european-solidarity.eu/ - ed il Professor Bagnai fa parte del gruppo, dedicando a questa iniziativa un articolo che vi segnalo: UE SALVA SOLO SE BERLINO LASCIA L’EURO, L’IDEA DEL PREMIO NOBEL STIGLITZ FA PROSELITI.

Una voce in parte nuova, nel senso che fino a ieri si è parlato di uscita potenziale dei paesi Europeriferici, oggi invece si inverte il problema o forse meglio dire la soluzione, anche se dal punto di vista concettuale molti simili: si tratterebbe sempre di dare alle diverse aree tassi di cambio differenti (che si debba tornare noi alla Lira o loro al Marco dal punto di vista delle svalutazioni competitive  è la stessa cosa)

Bagnai è da sempre portatore dell’idea di uscire dall’Euro quale soluzione ai problemi del nostro paese e degli altri Europeriferici, ed a questo tema ha dedicato un blog molto noto, http://goofynomics.blogspot.it/ .

Chi volesse dargli un occhio si affretti perché pare lo voglia chiudere.

Tra l’altro con i suoi commenti e la sua iniziativa di aderire a questo manifesto ha dovuto incassare qualche critica, essendo stato un po’ accusato di aver cambiato opinione, come riportato in questo sito .

Ma ora veniamo ai due articoli che forniranno un’informazione completa sull’iniziativa e sull’interpretazione di una possibile soluzione.

A margine, ma non marginal,i le dichiarazioni di Silvio Berlusconi: “Il governo dica a Bruxelles: scordatevi il limite del 3% di deficit”: http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/06/17/ue-berlusconi-governo-dica-bruxelles-scordatevi-limite-del-3-deficit/628575/

Insomma, una notizia dopo l’altra che almeno a me rappresentano che la coperta sta diventando troppo corta.

Introduzione a cura di Gian Luca Bocchi


Ue salva solo se Berlino lascia l’euro, l’idea del Nobel Stiglitz fa proseliti

di Alberto Bagnai tratto da Il Fatto Quotidiano

Il 15 giugno è stato presentato a Parigi il Manifesto di Solidarietà Europea, una proposta di segmentazione controllata dell’Eurozona a partire dall’uscita dei paesi più competitivi, come strategia per evitare il collasso economico e politico dell’Ue. La proposta non è originale: già nell’ottobre 2010 il premio Nobel Joseph Stiglitz aveva dichiarato al Sunday Telegraph che se la Germania non avesse abbandonato l’euro, si rischiava che i governi dell’Eurozona scegliessero la strada dell’austerità, trascinando il continente in una nuova recessione. Così è stato.

L’idea di Stiglitz è stata approfondita e fatta propria da un gruppo di economisti europei con percorsi accademici e politici disparati: dai conservatori Hans-Olaf Henkel (ex-presidente della Confindustria tedesca) e Stefan Kawalec (già sostenitore di Solidarnosc ed ex-viceministro delle Finanze in Polonia), ai progressisti Jacques Sapir (economista legato al Front de Gauche francese) e Juan Francisco Martin Seco (membro del comitato scientifico di Attac in Spagna). Anche in Italia l’adesione è stata trasversale: da Claudio Borghi Aquilini (editorialista del Giornale, già manager di Deutsche Bank Italia), al sottoscritto.

La scelta della Germania
Si realizza così quanto scrivevo il 29 novembre 2011 nel mio blog, sostenendo che “l’unica soluzione razionale per la Germania è propugnare un’uscita selettiva o generalizzata”. Il partito euroscettico tedesco (Alternative für Deutschland) era ancora di là da venire, ma che si sarebbe andati a parare lì era chiaro per due motivi. Il primo è che la crisi europea trae origine dalle rigidità proprie alla moneta unica. L’euro ha falsato il mercato (portando all’accumulo di ingenti crediti/debiti esteri), e ingessato le economie (impedendo alle più deboli di reagire con una fisiologica svalutazione allo choc determinato dalla crisi americana). Il ripristino di un rapporto di cambio meno artificiale fra Nord e Sud è quindi uno snodo necessario,anche se certo non sufficiente, nel percorso di soluzione della crisi.

Il fascino del marco
Il secondo motivo, politico, è che l’equilibrio dell’Eurozona si regge su due menzogne: quella dei politici del Sud (“l’euro vi proteggerà”), e quella dei politici del Nord (“la crisi è colpa dei Pigs”). Che l’euro non ci abbia protetto è chiaro. Lo è anche il fatto che dell’origine e dell’aggravarsi della crisi è corresponsabile l’attuale leadership tedesca. Ma mentre i nostri politici non possono ora venirci a dire che l’euro è stato un errore, ai politici del Nord è più facile scaricare sui paesi del Sud la colpa e propugnare come soluzione l’abbandono dell’euro. Lo sganciamento dall’Eurozona, vissuto al Sud come una sconfitta, al Nord sarebbe visto come il riappropriarsi di un simbolo vincente di identità nazionale (il marco).

L’obiezione secondo la quale avendo la Germania beneficiato dall’euro, non vorrà abbandonarlo, è inconsistente. Certo, l’euro, impedendo alla Germania di rivalutare, le ha attribuito un’indebita competitività di prezzo: lo ricorda perfino il Fondo monetario internazionale (Fmi). Ma in economia non ci sono pasti gratis: nel momento stesso in cui l’euro rendeva convenienti per il Sud i beni del Nord, esso poneva le basi per il crollo finanziario del Sud, che ora è in caduta libera e non può più sostenere con la propria domanda l’economia tedesca. La conseguenza è una forte sofferenza di quest’ultima, le cui prospettive di crescita per il 2013 sono state recentemente dimezzate dal Fmi. La rinuncia al vantaggio in termini di prezzo sarebbe quindi per la Germania una manifestazione di solidarietà (consentirebbe il rilancio delle economie del Sud), ma soprattutto di razionalità.

L’uscita sarebbe anche meno costosa dell’unione fiscale: il “costo del federalismo” – ovvero l’ammontare dei trasferimenti da Nord a Sud necessari per ripristinare una situazione equilibrata senza ricorrere alla leva del cambio – è stato stimato da Jacques Sapir in quasi il 10 per cento del Pil per un paese come la Germania. Trasferimenti di questa entità sono politicamente improponibili. Se una segmentazione dell’euro è necessaria, è più razionale realizzarla lasciando che nella transizione le economie più deboli godano della relativa stabilità della moneta unica: fra euforia da “nuovo marco” e panico da “li-retta” è piuttosto evidente cosa convenga scegliere. Non si tratta però di una proposta di euro a due velocità. Il Manifesto considera la possibilità di ulteriori segmentazioni, fino a un eventuale ritorno alle valute nazionali. Un percorso non facile, ma necessario, e comunque più gestibile se realizzato in modo ordinato, con il progressivo distacco dei paesi più competitivi.

*Alberto Bagnai è professore di Economia politica all’Università di Pescara, blogger per ilfattoquotidiano.it e su goofynomics.blogspot.com


Bagnai: l’euro ci sta uccidendo, `stracciamolo`

Articolo di Pietro Vernizzi tratto da Il Sussidiario

Segmentare l’euro in due facendo uscire “dall’alto” gli Stati più forti come la Germania e i Paesi Bassi. È la proposta contenuta nel Manifesto di solidarietà europea, che sarà presentato oggi a Parigi. Tra i firmatari ci sono economisti di tutti i paesi europei e di ogni estrazione politica. Due gli italiani di spicco, Alberto Bagnai, professore di Politica economica all’Università di Pescara, e Claudio Borghi Aquilini, professore di Economia degli intermediari finanziari all’Università Cattolica. Ilsussidiario.net ha intervistato il professor Bagnai per chiedergli di illustrare i contenuti del Manifesto.

Per quale motivo avete deciso di presentare un Manifesto in cui proponete la “segmentazione” dell’euro?

Nel Manifesto abbiamo individuato le reali cause della crisi dell’Eurozona e proposto un percorso politicamente realizzabile per trovare una soluzione. Gli economisti da più di 50 anni hanno sottolineato che un’integrazione monetaria a tappe forzate mina la pacifica convivenza dei paesi europei e la possibilità di un’effettiva integrazione politica. Queste considerazioni erano state espresse fin dal 1957, ancora prima che si parlasse di euro, dal premio Nobel James Edward Meade.

Le previsioni di Meade sono state fatte proprie anche da altri economisti?

Nel 1971, un anno dopo la pubblicazione del piano Werner, il primo progetto per l’integrazione economica e monetaria, Nicholas Kaldor dichiarò che se si fosse fatta l’unione monetaria prima di quella politica si sarebbe andati incontro al rischio di disgregazione del continente europeo. Nel 1997 Martin Stuart Feldstein, capo dipartimento all’Università di Harvard, aveva chiaramente detto che il trattato sull’unione economica monetaria poneva il processo di integrazione europea di fronte a gravi rischi. Il nostro Manifesto fa propria la lezione dei massimi economisti mondiali sulle cause della malattia europea e sulle ricette necessarie per curarla.

In che cosa consiste la novità del Manifesto?

In primo luogo nel fatto che ad aderirvi siano personalità provenienti da tutti i paesi europei e di qualsiasi orientamento politico. Questo non è il manifesto degli intellettuali italiani o di una loro parrocchia più o meno di sinistra, ma un documento assolutamente trasversale in termini geografici e politici. A sottoscriverlo sono stati sia studiosi marxisti o di sinistra, sia economisti più ortodossi.

Nel vostro Manifesto si descrive la Germania come la causa di tutti i mali europei?

No. In Italia abbiamo assistito tutti ad appelli sulla falsariga de “La colpa è tutta della Germania e se non fa quello che diciamo noi ce ne andiamo”. Si tratta di proposte articolate da un punto di vista politico su una logica di minaccia, che non condividiamo. Non nego che la Germania abbia delle grosse responsabilità nella gestione della crisi, ma non trovo che sia un atteggiamento politicamente intelligente quello di minacciare, perché come scrive Giovanni Botero, “le minacce sono armi del minacciato”.

Cioè rafforzano la Germania?

Diciamo che trovo inutile che l’Italia, da una posizione di debolezza, vada a puntare il dito contro la Merkel, perché si tratta di un atteggiamento che non è né credibile, né sostenibile politicamente. In Italia non esiste un movimento politico che appoggerebbe un’uscita del nostro Paese dall’euro.

In che modo il vostro Manifesto si differenzia da chi vuole “minacciare” la Merkel?

Il Manifesto parte da una posizione di solidarietà, cioè dal principio che con la nascita dell’euro si sono generati dei costi che vanno condivisi. L’uscita dalla moneta unica dei Paesi del Nord è un ovvio strumento per condividere i costi dell’aggiustamento. Questi Stati uscendo vedrebbero rivalutata la loro moneta, e quindi almeno in parte svalutati i loro crediti. Perderebbero inoltre la posizione di vantaggio competitivo in termini di prezzo che l’euro dà loro. I Paesi del Nord rinunciano a qualcosa, e quindi condividono i costi dell’aggiustamento, ma lo fanno perché questo è l’unico modo per fare ripartire l’economia europea, dalla cui lenta agonia non guadagnerebbero nulla nemmeno loro.

Che cosa ne pensa invece del fatto che la Corte costituzionale tedesca sia stata chiamata a pronunciarsi sul programma Omt della Bce?

Quanto sta avvenendo è la dimostrazione del fatto che parlare di più Europa è un’utopia. La Banca centrale è proposta in Europa come presidio di democrazia, ma negli Stati Uniti e nel Regno Unito è vista in termini molto più critici, e la vicenda del ricorso contro l’Omt documenta il fatto che l’indipendenza dell’Eurotower è soltanto un teorema senza agganci con la realtà.

La Bce oggi è sotto schiaffo?

La Bce è sotto schiaffo da parte di istanze espresse dalla Germania, e questo non solo era prevedibile, ma dimostra anche che l’Eurotower non è la banca di tutti gli europei. Del resto i motivi per i quali sono stati ritardati colpevolmente i soccorsi alla Grecia, aggravando la crisi, sono ormai chiari a tutti.

Secondo Francesco Forte, il ricorso di fronte alla Corte tedesca non sarebbe un arbitrio, ma una possibilità prevista da una clausola a Maastricht…

Non contesto il diritto dei contribuenti tedeschi di essere tutelati dalla loro Corte costituzionale rispetto a decisioni che rischiano di avere dei riflessi sul loro bilancio e sulla loro economia. Ciò che mi lascia perplesso è il fatto che in Italia a livello di Corte costituzionale non si sia trovato il modo di contestare la legittimità di provvedimenti come il Fiscal compact, che illustri giuristi come Giuseppe Guarino hanno ampiamente dimostrato essere ampiamente contrari ai principi della nostra Costituzione.


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