Argentina: come crescere del 9% senza aver fatto nulla

L’Argentina, che viene da 8 anni di spumeggiante crescita, sembra aver ormai dimenticato la dura crisi del 2001, che portò il paese al default e ad una situazione di caos generale, con il presidente de la Rúa costretto a dimettersi e a lasciare il paese senza un vero leader per diversi mesi. Il paese conobbe una forte crescita con l’arrivo del kirchnerismo, corrente politica che si riconosce nelle idee di Peron, simbolo della politica argentina degli anni ’50, che basa la propria politica sui sindacati e su misure populistiche. A Nestor Kirchner (morto nell’ottobre del 2010) è succeduta nel 2007 la moglie Cristina Fernandez, recentemente rieletta, garantendo la continuità di un progetto incentrato sulla costruzione di un’industria nazionale.

Il paese ha così beneficiato di alti tassi di crescita del Pil per il 2010 (+9,2% secondo quanto diffuso da Centro Economia Internacional) e per il 2011 (previsto un +6,6%) ed ha ridotto fortemente il tasso di disoccupazione, passato da circa il 17% del 2002 al 7,3% attuale. Conseguentemente, il paese ha visto migliorare la propria bilancia commerciale, con circa 10,1 miliardi di dollari di attivo e ha drasticamente ridotto il debito pubblico (a seguito della ristrutturazione del debito pubblico, che è stato restituito agli investitori internazionali nella misura del 25%), passato dal 171% del 2002 a circa il 45% di ora.

Il kirchnerismo non ha però portato solo miglioramenti, il paese si trova infatti a fronteggiare un’inflazione che sembra ormai essere fuori controllo. Il risparmiatore che fosse attirato dalla luccicante situazione economica del paese sudamericano dovrebbe però diffidare (almeno per quanto riguarda l’inflazione) delle statistiche ufficiali. Il Ministero dell’Economia argentino sostiene che l’inflazione del paese è relativamente sotto controllo: attualmente l’Indec (l’istituto di statistica nazionale) dichiara l’inflazione in Argentina al 9,7%. Ma questo dato non rispecchia la realtà -come i cittadini argentini ben sanno, l’inflazione del loro paese è di gran lunga più alta. Alfonso Prat-Gay, ex presidente della Banca Centrale di Buenos Aires, sostiene che l’inflazione si attesta intorno al 23%, mentre altri studi di economisti esterni la quantificano fra il 25% ed il 30%.
Quello dell’inflazione è un tema cruciale per capire il futuro dell’economia argentina. Il paese sta scontando la politica monetaria espansionista messa in atto dal Governo, che può inoltre beneficiare della differenza fra inflazione dichiarata ed inflazione reale per risparmiare un bel po’ di pesos sui titoli di stato (4,2 miliardi è quanto il Tesoro argentino ha risparmiato negli ultimi 4 anni sui bond emessi), che sono indicizzati all’inflazione calcolata dall’Indec. Un’inflazione sopra il 20% non è certo sostenibile nel lungo termine, provoca effetti negativi su risparmi ed investimenti e va ad erodere il potere d’acquisto dei redditi fissi che non sono indicizzati all’inflazione reale (ad esempio sulle pensioni minime di vecchiaia).

L’economia argentina ha fortemente beneficiato in questi ultimi anni della grande crescita del Brasile (anch’esso membro del Mercosur), principale partner commerciale, che ha permesso il rafforzamento dell’industria nazionale e l’arrivo degli investimenti esteri (Fiat nel 2008 ha riaperto lo storico stabilimento produttivo di Cordoba, che dà lavoro a circa 5.000 persone).  L’altro fattore che ha favorito alti tassi di crescita del pil è stato lo sfruttamento delle risorse interne che l’Argentina possiede, sia minerarie che agricole. Con l’impennata dei prezzi delle commodity, dovuta alla grande domanda di giganti come Cina ed India, il paese, fra i primi produttori di soia e con importanti riserve di petrolio, gas e vari metalli, ha potuto migliorare la propria bilancia commerciale ed accumulare preziose riserve in valuta estera.

La grande crescita dell’Argentina negli ultimi 8 anni è dovuta per lo più da fattori esterni, come l’affermarsi nel palcoscenico mondiale di grandi paesi come Brasile e Cina. Il ruolo del kirchnerismo è stato forse sopravvalutato, infatti il paese ha sì goduto di grandi investimenti pubblici, ma non ha saputo rendere la propria economia competitiva (permane ancora molta corruzione) senza il meccanismo della svalutazione del pesos, che peraltro ora serve solo a recuperare la perdita di competitività della propria industria a causa di un’inflazione ben oltre il 20%. Il 2012 vedrà l’economia mondiale rallentare e questo potrebbe far riemergere tutti i problemi interni di chi fino ad ora è andato bene solo per merito degli altri.

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