Un pensiero laterale post-elettorale

Mi sia consentito un breve pensiero “laterale” suscitato dal risultato elettorale, ma sempre guidato dalla mia logica economica.

L’esito non consente la soddisfazione dell’esigenza primaria che dovrebbe guidarci: generare le condizioni per una ripresa del sistema. Peraltro dobbiamo considerare che la volontà popolare suscita soluzioni molto diverse fra loro e ciascuna con pesi quasi simili.
Sono necessarie idee differenti per uscire dallo stato di incertezza. Restano i problemi di fondo irrisolti:
-    la dimensione del debito pubblico ed il suo costo;
-    la composizione non sostenibile di una parte non marginale della spesa pubblica;
-    l’irrazionalità del quadro civilistico, penale e fiscale nel mondo delle imprese (e non solo);
-    la confusione sociale priva di una leadership riconosciuta sia condivisa che di parte;
-    la prevalenza del conflitto fra le parti rispetto al riconoscimento e al rispetto delle singole posizioni.
Ho già evidenziato in altra nota la convinzione che esista un soggetto – Mario Draghi – autorevole, forte, riconosciuto all’estero, non legato finora a nessuna posizione, nonostante le molteplici posizioni finora ricoperte (Tesoro, Banca d’Italia, Financial Stability Board e Banca Centrale Europea). Può presentare elementi non condivisibili da tutti, legato al mondo finanziario (anche se come regulator prima e come authority dopo), privo di esperienza politica (anche se nell’ultimo si è dovuto cimentare nel difficile confronto con Parlamento e Commissione Europea) e visibile come antagonista da talune delle forze attuali. Può peraltro aggregare una maggioranza adeguata, composta da forze differenti.
A questa figura si deve peraltro associare una visione economica differente rispetto ai cardini del decennio trascorso e cioè l’accettazione di un tasso d’inflazione (internazionale e non solo interna ovviamente), leggermente superiore a quello finora giudicato come accettabile. Una temperatura dell’economia inferiore allo stato febbrile, ma non così compresso come quello che governa le politiche economica e monetaria del mondo nel millennio in corso.
Un po’ d’inflazione (espressione non tecnica, ma comprensibile) fungerebbe da stimolo per il PIL, per le politiche del lavoro, per gli investimenti e per i comportamenti sociali. Una lettura psicologica delle regole dell’economia.
Si tratterebbe di due stimoli che potrebbero attivare l’inversione del mood nel quale l’Italia, la UE, l’Europa ed il Resto del Mondo si muovono da troppo tempo.
Tre le difficoltà principali:
-    l’accettazione del ruolo da parte di Mario Draghi per livello del rischio, per volontà di cambiamento del ruolo e per volontà delle componenti che dovrebbero sostenerlo;
-    la sua sostituzione in Banca Centrale Europea con un soggetto che non gli fosse distante per impostazione, come potrebbe risultare un rappresentante tedesco o anche delle posizioni che individuano quella linea d’azione;
-    il sostegno da parte di chi – comunque – è stato investito di una rappresentanza della volontà elettorale.
In assenza di altre forme di condivisione del consenso, tuttavia rappresenta una via d’uscita potente sia dal punto di vista interno (soluzione dell’empasse) sia dal punto di vista della capacità italiana di suggerire una non invasiva influenza attualmente non vissuta e non riconosciuta a nessun dei nostri rappresentanti privi di potere interno e/o di accettazione internazionale.
Proviamo ad approfondire?


GIUSEPPE G. SANTORSOLA
Professore Ordinario di
Economia degli Intermediari Finanziari.
Università Parthenope di Napoli
santorsola@uniparthenope.it
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