Banche svizzere, un incubo chiamato trasparenza

Le banche svizzere guardano oggi con meno ottimismo al presente e all`immediato futuro di quanto facessero un anno fa: con minor favore sono in particolare considerati gli sviluppi relativi al segreto bancario, a partire dall`imposta liberatoria. È quanto emerge da uno studio della società di consulenza Ernst & Young. Pochi istituti elvetici temono comunque un deflusso importante di patrimoni amministrati e le prospettive generali, nonostante le turbolenze sui mercati, vengono considerate positive.

Banche svizzere, un incubo chiamato trasparenza

Nell`ambito del suo barometro bancario, giunto alla seconda edizione, Ernst & Young ha interrogato in dicembre 120 società (fra loro non figurano Ubs e Credit Suisse), il 3% delle quali in Ticino. Il 15% del campione giudica positivo l`attuale sviluppo degli affari (52% un anno fa), il 62% abbastanza positivo (40%), il 21% abbastanza negativo (7%), il 2% negativo o molto negativo (2%). Il quadro è abbastanza uniforme, sebbene le banche cantonali e regionali abbiano un giudizio più favorevole di quelle private e straniere.Per i prossimi sei mesi il 71% delle banche si aspetta un andamento positivo o abbastanza positivo: nel barometro pubblicato nel 2011 questo dato aveva raggiunto il 92%. La grande maggioranza del campione pronostica remunerazioni in calo per azionisti e dipendenti, ma non massicci tagli di posti di lavoro. La pressione maggiore della concorrenza si farà sentire nel Private Banking e nel Retail Banking. Secondo Ernst & Young gli istituti sono probabilmente più realistici di quanto lo fossero un anno fa. Sebbene le previsioni appaiano più modeste, si può dire che «le banche svizzere abbiano resistito relativamente bene alla crisi finanziaria mondiale e alla crisi del debito europeo», afferma Iqbal Khan, direttore presso Ernst & Young, citato nel comunicato.

Il 65% delle società interrogate si aspetta un consolidamento del settore nei prossimi 6-12 mesi, in aumento rispetto al 47% che aveva la stessa opinione nel dicembre 2011.Mutato è il giudizio sugli accordi tributari con gli altri paesi: l`attuale sviluppo viene ritenuto positivo da nessuno (35% dodici mesi or sono), dal 46% abbastanza positivo (38%), dal 48% tendenzialmente negativo (23%) e dal 6% negativo (3%). Ciò nonostante non è attesa una fuga di capitali: il 63% non si aspetta deflussi consistenti, il 26% deflussi per al massimo il 5-10%. «Le stime difensive sull`impatto delle intese fiscali è dovuto da una parte all`insicurezza che continua a sussistere in materia e dall`altra ai costi supplementari interni ed esterni che provocherà l`applicazione concreta delle norme», osserva Hans-Joachim Jaeger di Ernst & Young. Sul fronte del credito il 59% del campione (il doppio di un anno prima) si attende nel 2012 una politica più restrittiva: ad aver cambiato opinione sono in particolare le banche regionali, passate nello spazio di dodici mesi dal 16% al 56%. Riguardo alle conseguenze negative della crisi finanziaria e del debito gli aspetti più citati sono il basso livello dei tassi di interesse nonchè l`insicurezza generata presso gli investitori. Il franco forte appare solo in secondo piano. La politica della Banca nazionale in relazione alla fissazione di un tasso di cambio minimo con l`euro viene apprezzata dall`89% degli interpellati. Il 55% ritiene che il franco sia attualmente sopravvalutato e che il valore economico della valuta europea sia superiore a 1,30 franchi.

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