Cara Confindustria ti scrivo. Sono un economista

Confindustria «rompa gli indugi» e si faccia promotrice di un «progetto ambizioso» che «faccia ritrovare la, per ora smarrita, propensione al rischio di capitale in un paese intimamente industriale com`è il nostro».

Un progetto «chiaro» che induca il governo «ad adottare politiche pubbliche che lo rendano fattibile». La sollecitazione arriva dagli economisti Riccardo Gallo e Francesco Silva che scrivono all`attuale presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia e al presidente desginato Giorgio Squinzi. «Un progetto che non si esaurisca nella modifica di questo o quel pur importante articolo di legge, e piuttosto individui una risposta complessiva, forte, da parte delle imprese italiane», scrivono alla luce dei dati Istat sul grado di utilizzo degli impianti delle imprese manifatturiere che si avvicina pericolosamente all`area di perdita operativa delle imprese. Un dato «preoccupante», proseguono gli economisti che «non rivela solo una congiuntura negativa, resa ancor più avversa dalle difficoltà di quelle industrie che tradizionalmente fungono in Italia da traino intersettoriale ma segnala anche una grave e finora inarrestata perdita di competitività del nostro sistema produttivo». «Non sono dunque più rinviabili scelte impegnative da parte delle imprese e del governo. Nella storia del nostro paese, le politiche industriali più efficaci, anche sul piano occupazionale, non sono state quelle ideate dirigisticamente dai governi, illuminati o meno che questi fossero. Sono state piuttosto quelle misure , adottate compatibilmente con le condizioni generali della finanza pubblica, che hanno reso attuabili le strategie scelte dalle imprese e dal mercato in risposta alle crisi di turno».

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