CAVALLI & NATIVI. IL RAPPORTO MISTICO TRA GLI INDIANI D`AMERICA E I LORO CAVALLI.

Milano, 26 luglio 2021. Di Giuseppe Samarati - Imprenditore milanese, esperto di cavalli americani. Oggi l’argomento è veramente interessante. È stupefacente l’interazione tra i nativi americani e i cavalli.

CAVALLI & NATIVI. IL RAPPORTO MISTICO TRA GLI INDIANI D`AMERICA E I LORO CAVALLI.

C’è una sorta di rito magico nella loro relazione.

Il cavallo, abbiamo detto, era sconosciuto prima dell`arrivo degli spagnoli e come abbiamo visto nel pezzo precedente, fu collegato, dagli indigeni americani, alla figura di un cane.

Ma la maestosità dell’animale lo rendevano sacro e misterioso.

Ai loro occhi.

E’ sorprendente anche l’abilità di cavalieri che i nativi mostrarono in pochi decenni di conoscenza che doveva forzatamente derivare da un approccio rispettoso e quasi mistico.

I sentimenti dii un indiano verso il proprio cavallo erano gli stessi nutriti verso gli umani.

I nativi attribuivano un’anima al cavallo contrariamente agli altri animali.

Intendiamoci, l’animo dei nativi era molto affettivo verso gli animali;

non maltrattavano nessun animale.

Anche nella caccia erano molto attenti all’equilibrio naturale.

Questo era l’approccio normale, i nativi erano capaci di grandi dolcezze ma avevano anche un atteggiamento pragmatico che in situazioni di grave emergenza (in guerra, nella corsa in periodi di carestia) poteva sfociare in violenza.

Questo è tipico delle popolazioni primitive ma le testimonianze di questi casi estremi sono molto poche.

Il cavallo aveva anche una valenza sociale nella tribù;

più cavalli possedevi più il rango nella tribù cresceva.

In una famiglia venivano usati più cavalli.

C’erano cavalli per la caccia, per la guerra ed anche per il trasporto.

Le famiglie più povere dovevano accontentarsi di usare un solo cavallo per tutte le loro attività.

Un` attività molto importante era la corsa a cavallo..

I giovani si cimentavano in questo sport mentre i meno giovani scommettevano su di essi.

I litigi erano abbastanza frequenti poiché una corsa vinta dava un grande prestigio al cavallo.

I nativi credevano molto nella spiritualità.

Da adolescenti dovevano avere una visione che doveva venire presentata ad uno sciamano il quale indicava il percorso della vita al ragazzo.

Il ragazzo rimaneva solo su un monte o in un bosco ‘’armato’’ di medicin bag (borsa di medicina ) nella quale raccoglieva le cose che il padre, lo zio o lo sciamano gli avevano consegnato.

Digiunava e fumava per giorni, dopo di che era immaginabile l’apparire di una visione.

I Medicine man si occupavano di riti religiosi e di riti di guarigione con erbe e piante che i nativi conoscevano molto bene.

A rafforzare l’importanza dei cavalli era il fatto che vi erano sciamani esclusivi per i cavalli e riti per i cavalli.

I cavalli erano considerati animali sacri per eccellenza.

Erano oggetto di molte cerimonie segrete ed anche conosciute.

I cavalli sopravvissuti a pericolose azioni di guerra, a vittorie importanti nella corsa o altre imprese importanti venivano considerati alla stregua di Santoni spirituali.

I cavalli venivano catturati nella prateria da branchi selvaggi e venivano addestrati in maniera magistrale.

Il cavallo è un animale predato ed è in contrapposizione con l’uomo che è un predatore.

Proprio per il suo stato di predato , sebbene grande e grosso, il cavallo  vive nella paura.

Gli indiani erano consci della sua paura e nella doma usavano un atteggiamento molto affettivo, accarezzando continuamente il cavallo selvaggio in tutte le parti del corpo in modo da dimostrare la loro attitudine amichevole. Ed acquistare la loro fiducia.

Ai giorni nostri, alcuni Horseman praticano questa attitudine che chiamano friendly game.

Un altro sistema di approccio era ‘il non far niente’

Ho avuto io stesso questa esperienza magica con uno dei miei cavalli.

Sonador era ed è una cavalla molto diffidente per genealogia e forse anche per cattivi comportamenti degli stallieri.

Infatti la cavalla ha 8 anni ma non è ancora stata montata.

Non si lasciava avvicinare ma sull’onda dei principi che governano il rapporto uomo-cavallo ho voluto provare ad approcciarla.

Quindi ho aperto la porta del suo box, la cavalla si è subito rifugiata in un angolo, non sono entrato nel box ma mi sono fermato sulla porta ed ho aspettato.

Quando la cavalla girava il collo verso di me, indietreggiavo di un passo e poi ritornavo nello stesso punto.

L’esperimento è durato alcuni giorni, poi la cavalla ha cominciato ad avvicinarsi fino al punto di farsi toccare.

Aveva vinto la sua paura.

Ed era stata molto coraggiosa.

Chi si muoverebbe verso un leone appoggiato alla nostra porta dii casa ???

Per questo il cavallo è un animale speciale.

Vince le sue paure per affetto.

Tornando  all’addestramento degli indiani, procedevano sempre con gentilezza;

portavano il cavallo in un fiume dove il cavallo si immergeva fino alla spalla in modo che avesse poca libertà di movimento e, sempre con gentilezza, gli si avvicinava fino a salire in groppa.

Il famoso film The Black Stallion (1979) mostra una scena del genere.

Gli indiani montavano senza sella, con una semplice capezza al posto del morso ed avevano una simbiosi tale con il cavallo che erano in grado di fare vere acrobazie.

La conoscenza e lo studio sui cavalli continua ancora oggi.

Un indiano di nome Jaimi Jackson (*) ha vissuto per mesi con branchi di cavalli selvaggi.

Ha dormito con loro ed ha lasciato scegliere a loro il momento per farlo `entrare` nel branco.

Vale la pena di leggere il suo libro The Natural Horse dove spiega i comportamenti ed i sentimenti del cavallo in libertà.

(*) Da Wikipedia: 

Dal 1982 al 1986, ha studiato i cavalli selvaggi nel loro ambiente naturale, il West americano. Durante gli anni ottanta, ha cominciato a sperimentare la sferratura e il pareggio `wild-horse` sui cavalli domestici. Nel 1990 ha smesso di praticare la ferratura e ha praticato esclusivamente il pareggio `wild-horse` ai cavalli dei suoi clienti, previa sferratura, accompagnandolo con la naturalizzazione dello stile di gestione complessivo.

Nel 1992 ha pubblicato il suo primo libro (The Natural Horse). Tuttavia, i risultati furono apprezzati soprattutto dai proprietari di cavalli, molto più che dai maniscalchi e dai veterinari. Nel 1999 ha scritto il suo libro più famoso, noto con nomignolo di HOG all`interno della comunità barefootHorse Owners Guide to Natural Hoof Care. Negli anni 2000, ha fondato l`American Association of Natural Hoof Care Practitioners