Classe dirigente e cittadini, bisogna ricucire lo strappo

Abbassare ``lo spread della sintonia`` con il paese: ascoltare i cittadini, imprese e territori, favorire la crescita e lo sviluppo locale.

Questa la ricetta contro la crisi di rappresentanza contenuta nel settino rapporto sulla classe dirigente, realizzato dall`Associazione Management Club (AMC) unitamente a LUISS Guido Carli e Fondirigenti, presentato ieri a Roma e rispreso da Asca.

Il rapporto ha continuato a presidiare un duplice aspetto: quello della debolezza delle elite, che si manifesta, non da oggi, in ogni ambito e livello e non solo nella politica, nonche` quello della necessita` di ritrovare una saldatura virtuosa tra Rappresentati e Rappresentanti.

Nel paese crescono le tensioni e l`insoddisfazione che anche nelle recenti elezioni ha portato alla ribalta la logica della orizzontalizzazione, con derive di protesta.

C`e` quindi il rischio di perdere il contatto tra e`lite e rappresentanti e bisogna promuovere una sintonia positiva.

Le tendenze di fondo sulle quali si e` partiti nell`analisi: uno scivolamento verso l`alto della sovranita` nazionale e una deresponsabilizzazione strisciante delle azioni a livello locale; le rappresentanze appaiono ancora fortemente autoreferenziali; si avverte la necessita` di dare maggiore attenzione nei confronti dei temi della crescita rispetto a quelli del rigore. Da qui l`esigenza di esercitare il ruolo della rappresentanza, di saper guardare ``in alto`` e contemporaneamente di saper guardare ``in basso``, interpretando appieno una modalita` di esercizio del ruolo di classe dirigente che aggancia e sostiene le dinamiche in basso per rappresentarle successivamente in alto in tutti i livelli necessari, siano essi nazionali, europei o mondiali.

Secondo il rapporto l`Italia non potra` salvarsi guardando solamente in alto (a Bruxelles). Rivendicare un auspicabile recupero della decisionalita` politica non basta se quel recupero non e` sostenuto da una ristrutturazione radicale dei nostri apparati amministrativi centrali e periferici. Non basta decidere se poi non si possono implementare quelle decisioni.

L`Italia avrebbe bisogno di modernizzare le istituzioni rappresentative e di governo per accrescere la loro efficacia e legittimita`. Come si documenta nel rapporto, la riforma del Titolo V della nostra Costituzione non ha alzato i livelli di auto-governo delle Regioni, piuttosto ha alzato i costi per il loro mantenimento.

Anche a livello centrale le cose non vanno bene: bicameralismo simmetrico, rappresentanza parlamentare pletorica, procedure decisionali barocche. In un contesto ad alta integrazione economica e monetaria, l`Italia fatica a promuovere i propri interessi. Fatica a farlo verso l`alto (l`Europa), fatica a farlo al centro (a Roma), fatica a farlo nei territori. Ci vuole una riscossa delle elite diffuse, uno sforzo culturale da parte loro di superare antichi particolarismi e fazionismi, ci vuole un nuovo patto nazionale per rendere il paese piu` efficiente e piu` giusto.

Le elezioni del 24-25 febbraio scorsi hanno consegnato un paese disorientato e arrabbiato. Occorre ridare al paese una visione del futuro.

Sul versante economico, la densita` industriale nelle singole aree ha effetti diretti sulla produttivita` delle imprese stesse. I dati vedono una situazione divaricata tra nord e sud in termini di quantita` e la qualita` delle infrastrutture di informazione e di comunicazione, qualita` delle disposizioni normative, livello e qualita` della tassazione sulle imprese, quantita` e qualita` della Pubblica Amministrazione presente sui territori. A tutto questo si aggiunge poi l`insieme di altre infrastrutture immateriali e in primo luogo le spese di Ricerca e Sviluppo e il livello di istruzione della popolazione che sottolineano ancora una volta il ritardo complessivo dell`Italia rispetto all`Europa e in particolare del Mezzogiorno rispetto al Paese.

Diventa centrale definire le giuste priorita` da parte delle classi dirigenti per quanto riguarda il livello di performance industriale dei diversi territori del Paese. Una strategia per l`attrazione e lo sviluppo delle attivita` industriali, e per il conseguente rilancio della produttivita`, passa per un impegno forte delle e`lite e delle classi dirigenti per dotarsi di regole e processi che consentano di investire in infrastrutture, di ridurre il peso della PA e parallelamente il carico fiscale sulle imprese, di ottemperare agli obiettivi della strategia ``Europa 2020`` per il capitale umano da noi stessi sottoscritti.

La situazione al Sud appare preoccupante. Non colpisce tanto che la recessione abbia inciso di piu` nelle regioni meridionali, o che queste rischino di perdere occupazione manifatturiera anche nei prossimi anni. Colpisce soprattutto che la quota delle imprese che intraprendono strategie di internazionalizzazione siano il 13% al Sud contro il 26% nel resto d`Italia, o che i giovani con una occupazione siano meno del 30%, circa la meta` che al Nord.

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