LA RICCHEZZA IN ITALIA

LA RICCHEZZA IN ITALIA

Trento, 30 gennaio 2024. Di Paolo Rosa, avvocato.

Banca d’Italia con l’ISTAT il 29 gennaio 2024 ha pubblicato il Report “La ricchezza dei settori istituzionali in Italia – 2005 /2022” che così certifica:

«Alla fine del 2022 la ricchezza netta delle famiglie italiane è stata pari a 10.421 miliardi di euro.

Rispetto al 2021 è diminuita dell'1,7% in termini nominali, dopo tre anni di crescita; il calo in termini reali, usando come deflatore l'indice dei prezzi al consumo, è stato più marcato (-12,5%).

Il rapporto tra la ricchezza netta e il reddito lordo disponibile è sceso da 8,7 a 8,1, tornando ai livelli del 2005. L'aumento delle attività non finanziarie nel 2022 (+2,1%) ha riflesso soprattutto quello del valore delle abitazioni, che ha registrato il più elevato tasso di crescita dal 2009; il peso di questa componente sul totale della ricchezza lorda ha raggiunto il 46,3%.

Le attività finanziarie si sono contratte del 5,2%, principalmente per effetto della riduzione del valore delle azioni e degli strumenti del risparmio gestito.

Dopo circa un decennio sono tornati a crescere i titoli di debito detenuti dalle famiglie, in buona parte emessi dalle amministrazioni pubbliche, mentre l'aumento dei depositi è stato contenuto, dopo il forte accumulo osservato nel triennio precedente. La crescita delle passività finanziarie (+2,8%) è riconducibile soprattutto alla componente dei prestiti.»

Dal Bollettino economico n. 1 della Banca d’Italia la situazione è la seguente:

L'economia mondiale rallenta.

Negli Stati Uniti emergono alcuni segnali di indebolimento dell'attività economica e in Cina la crescita rimane al di sotto dei valori pre-pandemici.

Le più recenti stime dell'OCSE prefigurano un rallentamento del PIL globale nell'anno in corso, per effetto delle politiche monetarie restrittive e del peggioramento della fiducia di consumatori e imprese.

Restano elevati i rischi al ribasso connessi con le tensioni politiche internazionali, in particolare in Medio Oriente. Le nostre stime prevedono una dinamica modesta degli scambi di merci e servizi nell'anno in corso. I prezzi del greggio e del gas naturale sono rimasti su livelli contenuti nonostante gli attacchi al traffico navale nel Mar Rosso.

La Federal Reserve e la Bank of England hanno lasciato invariati i tassi di riferimento.

In autunno l'inflazione di fondo negli Stati Uniti e nel Regno Unito si è ridotta. Sia la Federal Reserve sia la Bank of England hanno mantenuto invariati i tassi di riferimento, comunicando che l'orientamento della politica monetaria rimarrà comunque restrittivo.

La revisione al ribasso delle aspettative degli operatori sui tassi ufficiali negli Stati Uniti e in Europa ha indotto un allentamento delle condizioni sui mercati finanziari internazionali.

Nell'area dell'euro l'attività economica resta debole e il processo di disinflazione si consolida.

La stagnazione nell'area dell'euro sarebbe proseguita nello scorcio del 2023, riflettendo lo scarso dinamismo della domanda interna ed estera. La persistente debolezza del ciclo manifatturiero e delle costruzioni si è estesa anche ai servizi. L'occupazione, tuttavia, ha continuato a crescere. Negli ultimi mesi l'inflazione è stata inferiore alle attese e la disinflazione si è estesa alle principali componenti del paniere. Nelle proiezioni degli esperti dell'Eurosistema elaborate in dicembre, l'inflazione raggiungerebbe il 2 per cento nel 2025.

La BCE ha mantenuto invariati i tassi ufficiali.

Nelle riunioni di ottobre e dicembre il Consiglio direttivo della BCE ha lasciato invariati i tassi di interesse di riferimento. Ha, inoltre, deciso di ridurre gradualmente nella seconda metà del 2024, fino ad azzerarli, i reinvestimenti dei titoli in scadenza acquistati nell'ambito del programma di acquisto di titoli per l'emergenza pandemica. I passati rialzi dei tassi ufficiali continuano a trasmettersi al costo dei finanziamenti a famiglie e imprese. La restrizione monetaria ha contribuito a determinare un forte rallentamento degli aggregati monetari. I rendimenti sui titoli pubblici decennali sono diminuiti e sono scesi i differenziali di quelli italiani con i corrispondenti titoli tedeschi.

In Italia il prodotto è rimasto stazionario nel quarto trimestre del 2023.

Secondo le nostre stime, la crescita in Italia è stata pressoché nulla alla fine del 2023, frenata dall'inasprimento delle condizioni creditizie, nonché dai prezzi dell'energia ancora elevati.

L'attività è tornata a scendere nella manifattura, mentre si è stabilizzata nei servizi; è aumentata nelle costruzioni, che hanno continuato a beneficiare degli incentivi fiscali. Le nostre proiezioni elaborate nell'ambito dell'esercizio coordinato dell'Eurosistema prefigurano un aumento del PIL dello 0,6 per cento nel 2024 e dell'1,1 per cento in ciascuno dei due anni successivi.

Si consolida il surplus di conto corrente.

Nel terzo trimestre il saldo di conto corrente è risultato positivo. Gli investitori non residenti hanno effettuato acquisti netti di titoli italiani. La posizione creditoria netta sull'estero si è ancora rafforzata.

L'occupazione continua a crescere e la dinamica salariale rimane robusta.

In autunno il mercato del lavoro ha mostrato segnali di tenuta: l'occupazione ha continuato a crescere, anche se a ritmi inferiori rispetto alla prima parte dell'anno. Il tasso di partecipazione ha raggiunto un nuovo massimo da quando viene misurata, mentre quello di disoccupazione è rimasto stabile. Nel terzo trimestre si è ulteriormente rafforzata la dinamica delle retribuzioni nel settore privato non agricolo.

Si intensifica il calo dell'inflazione.

La discesa dell'inflazione si è accentuata e si è estesa ai beni industriali non energetici e ai servizi. In dicembre la crescita dei prezzi al consumo si è collocata allo 0,5 per cento (al 3,0 al netto delle componenti più volatili). Secondo le nostre previsioni elaborate lo scorso dicembre, l'inflazione scenderà gradualmente dall'1,9 per cento nel 2024 fino all'1,7 nel 2026; l'inflazione di fondo raggiungerà il 2,2 per cento nell'anno in corso per portarsi al di sotto del 2 per cento nel biennio successivo.

La restrizione monetaria seguita a trasmettersi al mercato del credito.

La dinamica dei prestiti rispecchia ancora la marcata debolezza della domanda di finanziamenti e la rigidità dei criteri di offerta, coerentemente con l'orientamento restrittivo della politica monetaria. I rialzi dei tassi ufficiali continuano a incidere sul costo del credito alle imprese in maniera più intensa che in passato. La restrizione monetaria sta determinando anche una flessione della raccolta bancaria. Migliora la redditività, resta contenuto il tasso di deterioramento dei prestiti e aumenta il livello di patrimonializzazione delle banche.

Nel 2023 sarebbe proseguito il miglioramento dei conti pubblici.

Secondo le informazioni preliminari disponibili, nel 2023 si sarebbero ridotti il disavanzo e l'incidenza del debito sul prodotto. La manovra di bilancio per il triennio 2024-26 è stata approvata a dicembre; nelle valutazioni ufficiali, essa accresce l'indebitamento netto nel 2024 di 0,7 punti percentuali del PIL rispetto al quadro a legislazione vigente ed è coerente con una diminuzione solo marginale del rapporto tra il debito e il prodotto nell'arco del triennio. A dicembre l'Unione europea ha approvato la revisione del Piano nazionale di ripresa e resilienza e ha erogato la quarta rata di pagamento.

È stato raggiunto l'accordo sulla riforma delle regole di bilancio europee.

Nella seconda metà di dicembre il Consiglio della UE ha raggiunto un'intesa sulla riforma del Patto di stabilità e crescita.

L'accordo incorpora le principali novità della proposta legislativa avanzata nella scorsa primavera dalla Commissione europea, ossia la centralità dell'analisi di sostenibilità del debito nel medio periodo e il ruolo delle negoziazioni con ciascuno Stato membro per definire il processo di consolidamento del bilancio. Tuttavia sono stati aggiunti ulteriori criteri numerici, uguali per tutti i paesi, che vincolano la dinamica del debito e il disavanzo strutturale».

Venendo ai professionisti iscritti alle Casse di previdenza la situazione è questa:

«La platea dei professionisti iscritti alle Casse di previdenza private ammonta, alla fine del 2022, a 1 milione 611.840 unità. Nei giorni a Palazzo San Macuto si è tenuta l’audizione fatta dalla Commissione di controllo sull’attività degli Enti Gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale, presieduta da Alberto Bagnai, ai rappresentanti di ADEPP, l’Associazione degli Enti Previdenziali Privati. Il dato più interessante a emergere è la forte crescita dei pensionati attivi, ovvero coloro che da pensionati continuano a lavorare: sono 110.062, e dal 2005 “sono aumentati di circa il 160”, come ha spiegato il presidente dell’Adepp Alberto Olivetti, aggiungendo che, sempre alla fine del 2022, il comparto ha registrato 12 miliardi di entrate contributive e 7,7 miliardi di uscite per prestazioni. Una commissione che non ha mancato di lanciare spunti interessanti. Dal 2013 al 2022 il patrimonio delle casse di previdenza private è aumentato di circa il 58%, passando dai 65,6 miliardi del 2013 ai 103,8 miliardi del 2022 e, nello stesso arco temporale, la componente azionaria è quasi raddoppiata, passando da 4,1 a 7,8 miliardi. Il presidente Bagnai, nel corso dell’audizione, si è soffermato sull’affidabilità dei bilanci tecnici di previsione a 50 anni previsti dalla Legge Fornero e sulla loro sensibilità alle ipotesi macroeconomiche di riferimento.

“Vi chiedo di quale utilità possano essere delle proiezioni a 50 anni basate sul wishful thinking di istituzioni come la BCE che in tanti anni ci ha dato un’unica certezza: quella di non riuscire a mantenere il tasso di inflazione al 2%”, ha detto, “Una analisi sommaria di alcuni bilanci tecnici evidenzia errori medi assoluti di oltre un punto su previsioni di due punti (il 50% di errore), senza alcuna analisi di sensibilità delle previsioni rispetto a errori di questo tipo”. Secondo Bagnai “il taglio del 40% degli investimenti pubblici nella stagione dell’austerità ha determinato una stasi del Pil che si protrarrà fino al 2026: come è possibile che a un fenomeno così macroscopico non ci si faccia cenno?

Significa che non ha impattato sui bilanci tecnici e quindi sulle politiche di investimento e di erogazione delle prestazioni?”.

Inoltre, Bagnai è intervenuto sul tema della doppia tassazione. “Siamo sicuri”, ha detto, “che si possa parlare di doppia tassazione del risparmio in un sistema che è a ripartizione, non a capitalizzazione, e dove quindi, come ricordato dalla Presidente Arrigucci nella sua audizione del 30 novembre scorso, nonostante la copertura delle prestazioni col patrimonio sia istituzionalmente possibile, il legislatore ha manifestato una chiara volontà che le prestazioni siano coperte dai contributi, e non dai loro proventi?”.

Anche il ruolo dell’associazione di categoria nel promuovere una riflessione sulle possibili sinergie fra le casse è stato oggetto di un approfondimento.

“Adepp ha promosso progetti che hanno realizzato importanti sinergie, come la piattaforma acquisti, lanciata nel 2019”, ha spiegato il presidente della Commissione Enti Gestori, “Si sta riflettendo sulla creazione di altre possibili sinergie? Altri corpi intermedi con funzioni economiche, come la Banche di Credito Cooperativo, alimentate da un forte spirito solidaristico, hanno costituito Fondi di garanzia a tutela dei propri clienti.

Esiste una riflessione simile a proposito degli iscritti alle Casse, o si dà per acquisito che in caso di difficoltà il garante di ultima istanza rimanga lo Stato, attraverso l’Inps, come accaduto in episodi recenti?”». (Fonte: Previdenza, crescono i pensionati attivi, Mondo professionisti del 29.01.2024).