LA RIFORMA DELLA PREVIDENZA FORENSE. IL TAR DEL LAZIO

LA RIFORMA DELLA PREVIDENZA FORENSE. IL TAR DEL LAZIO

Trento, 22 dicembre 2023. Di Paolo Rosa, avvocato.

Non si conosce l’articolato, non si conoscono le osservazioni fatte dai Ministeri Vigilanti e non si conoscono le risposte fornite da Cassa Forense.

Si sa che l’entrata in vigore del nuovo regolamento della previdenza avverrà, a seguito dell’approvazione ministeriale, dal 1° gennaio 2024, che si sta avvicinando.

Dalla sentenza del TAR Lazio n. 18.854/2023 del 13.12.2023 si apprende che la delibera del Comitato dei Delegati di Cassa Forense del 28 ottobre 2022 è stata trasmessa, per l’approvazione ai Ministeri Vigilanti, solo in data 2 febbraio 2023 ed è noto che non essendo la predetta delibera efficace finché non sarà approvata dai Ministeri Vigilanti (che ben potrebbero anche non approvarla) non avrà valore di regolamento.

Sempre nella stessa motivazione della sentenza del TAR Lazio è dato leggere che “anche da un punto di vista temporale non può non rilevarsi che il progetto di riforma è attualmente in istruttoria presso i Ministeri Vigilanti, sicché non è affatto certo, come ritenuto dalla Cassa, che lo stesso potrà avere decorrenza dal 1° gennaio 2024”.

L’obiezione della Cassa secondo cui, in tal modo, il Ministero opporrebbe pretestuosamente tempistiche dipendenti da sé medesimo non sempre fondata, posto che proprio Cassa Forense risulta aver trasmesso la propria delibera, adottata il 28 ottobre 2022, soltanto in data 02 febbraio 2023.

Ovviamente non è dato sapere come si giustifichi un ritardo di oltre tre mesi ma questo appartiene ai tanti silenzi che circondano la riforma.

Ma è lo stesso TAR Lazio che scrive come sia “ben più che plausibile quanto evidenziato dalla difesa erariale circa il fatto che la delibera riformatrice, avendo ad oggetto modifiche ordinamentali in materia di contributi e prestazioni deliberate dagli enti vigilati, richiederà verosimilmente approfondimenti istruttori suscettibili di interrompere i termini procedimentali per la necessità di acquisire elementi di chiarimento / approfondimento che consentano di comprendere la ratio posta a fondamento delle modifiche”.

Ma il TAR va oltre nella sua disamina per affermare che, dal tenore letterale dell’art. 21, comma 9, della legge 31.12.2012, n. 247,:

  1. sarebbe illegittimo qualsiasi progetto di totale abolizione della contribuzione integrativa minima;

  2. sarebbe altrettanto illegittima qualsiasi previsione di sospensione o esonero o diminuzione della stessa, che non sia adeguatamente motivata da particolari e temporanee esigenze.

Il TAR Lazio afferma altresì che ai sensi della normativa vigente “discende che le amministrazioni vigilanti chiamate ad esercitare il loro potere devono verificare, con le sole forme di controllo strettamente indicate dalle disposizioni, che il soggetto vigilato non assuma iniziative, in violazione della legge o della disciplina statutaria, tali da compromettere il perseguimento delle proprie finalità istituzionali”.

Afferma ancora il TAR Lazio che “la vigilanza ministeriale e l’intero sistema dei controlli amministrativi cui è soggetta Cassa Forense, in dipendenza dell’inalterato carattere pubblicistico dell’attività istituzionale di previdenza ed assistenza da essa svolta – pur dopo la sua trasformazione in fondazione con personalità giuridica di diritto privato -, devono perseguire il fine di assicurare la miglior gestione dell’ente e la migliore erogazione delle prestazioni in favore degli iscritti, sicché costituiscono strumenti per evitare che l’esercizio non corretto dell’autonomia pregiudichi il raggiungimento dei fini istituzionali di rilievo pubblicistico.

In tale contesto, nel rispetto dell’autonomia delle Casse, le amministrazioni vigilanti ben possono svolgere un’attività di vigilanza pregnante e diretta, ove necessario, ad orientare le scelte della Cassa onde assicurare l’equilibrio finanziario e la tutela di interessi primari”.

Ora noi abbiamo una riforma che prevede l’applicazione del contributivo non a tutti gli iscritti, in pro rata come statuito dalla Legge Fornero, ma per anzianità, come era prima della Legge Fornero e quindi, a mio giudizio, contra legem.

Abbiamo una riforma che prevede per il periodo iniziale di iscrizione, per i primi 4 anni, l’esenzione dall’obbligo del contributo minimo; una riforma che ripristina i supplementi di pensione triennale; una riforma che interviene pesantemente sull’istituto dell’integrazione al minimo della pensione riservata a chi, nell’intera vita lavorativa, si limita a versamenti del solo contributo minimo e che sarà, gradualmente, rimodulata sino ad € 9.000,00 annui.

Si tratta poi di vedere, in base a bilanci tecnici attuariali rivisitati, se questi interventi siano in grado di garantire la sostenibilità di lungo periodo tenuto conto dello stato di patrimonializzazione dell’Ente e dell’entità del debito latente maturato.

La situazione di partenza è questa, tratta dall’ultimo bilancio tecnico al 2020 (foto a corredo).

Di tutto ciò agli iscritti, obbligati per legge ad esserlo, non viene data notizia alcuna.

La mia impressione è che il braccio di ferro instaurato con i Ministeri Vigilanti si sia trasformato in un boomerang, a tutto danno degli iscritti senza, more solito, che via sia assunzione di responsabilità di alcuno!

Ad oggi, 21 dicembre 2023, sul sito del Ministero del Lavoro non vi è notizia di approvazione della riforma.