USA e petrolio: Hamm attacca Obama

In un incontro di beneficienza tenutosi alla Casa Bianca aspre critiche nei confronti del presidente Obama arrivano da Harold Hamm, fondatore e c.e.o. di Continental Resources, quattordicesima compagnia petrolifera americana in termini dimensionali. Nessuno meglio di Hamm incarna la realizzazione dell’American dream: ultimo di 13 fratelli, figlio di un contadino dell’Oklahoma, sviluppa la sua passione per il petrolifero da ragazzo quando, non avendo i soldi necessari per frequentare il college, inizia a lavorare in un giacimento. Oggi Hamm è al 33° posto nella classifica Forbes degli uomini più ricchi d’America e solo lo scorso anno i profitti della sua Continental Resources sono cresciuti del 34%. E’ lui a scoprire l’enorme giacimento petrolifero di Bakken, tra Montana e North Dakota, in virtù del quale gli Stati Uniti hanno raggiunto la terza posizione nella classifica mondiale dei produttori di petrolio. Negli anni ’90, periodo in cui l’Opec raggiungeva il suo apogeo, gli USA importavano circa due terzi del petrolio consumato; oggi ne importano meno della metà, di cui circa il 40% proveniente da Canada e Messico. Secondo Hamm, ora che la quota di mercato dell’Opec si è ridotta e non è più il cartello dei paesi arabi a dettare il prezzo a livello globale, il Nord America potrebbe potenzialmente raggiungere la piena autonomia energetica. Secondo il magnate del petrolio, pioniere della tecnica estrattiva della trivellazione orizzontale, il principale ostacolo alla realizzazione di tale autonomia va ricercata nella politica energetica del presidente Obama, volta a investimenti e incentivi alle energie alternative come l’eolico e il fotovoltaico a discapito dei combustibili fossili. In effetti i vincoli normativi imposti da Washinghton sono rilevanti, sia in termini di lentezza/prudenza nella concessione dei permessi per la trivellazione, sia a livello di obblighi informativi richiesti sulle quantità prodotte, sia a livello di tassazione ed esclusione da linee di credito privilegiate per i produttori di gas e petrolio. L’accusa di Hamm ad Obama è quella di pretendere la creazione di nuovi posti di lavoro senza – per gli interventi sopra menzionati – facilitare le iniziative e lo sviluppo di progetti di estrazione e produzione petrolifera che inoltre, se realizzati, porterebbero nelle casse dello stato miliardi di dollari sotto forma di royalties. Se da un lato comprendiamo le ragioni di Hamm sull’indubbio beneficio che, nel breve termine, un trattamento più di favore per le compagnie petrolifere porterebbe in termini di occupazione e gettito fiscale, dall’altro è d’obbligo considerare che la predilezione di Obama per energie pulite e rinnovabili si inserisce in una logica di lungo termine: le riserve di oro nero sono, prima o poi, destinate a esaurirsi e la qualità dell’aria per le generazioni a venire sarà indiscutibilmente migliore se fin da ora la nostra società si adopererà per produrre energia pulita e rinnovabile. 

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