La Cina non vuole smettere di crescere

La Cina sta riducendo le riserve obbligatorie per le banche, liberando così risorse per il sistema finanziario. Dopo 3 anni di politiche del credito piuttosto restrittive, il primo provvedimento di segno contrario è stato preso a dicembre, quando la Banca Centrale di Pechino ha ridotto le riserve bancarie obbligatorie di mezzo punto percentuale.

Per il 2011, i nuovi prestiti effettuati dal sistema bancario cinese ammontano a circa 7.500 miliardi di yuan (1.190 miliardi di dollari), ovvero un importo doppio a quello del 2007 e più del 50% di quanto raggiunto nel 2008. Considerando il totale della moneta immessa nel sistema, occorre però tener conto di un concetto più ampio di quello di M2 (che oltre alla moneta vera e propria considera anche i depositi bancari, di risparmio ed altre forme monetarie legate alla creazione di prestiti), andando ad inglobare tutte quelle misure di moneta che si creano anche senza che sia stato effettuato un prestito od un mutuo bancario (cioè strumenti assicurativi, bond corporate ed azioni di istituti non finanziari), per arrivare ad un concetto più ampio di “social financing” (adottato in Cina). Secondo la Banca Centrale cinese, per i primi tre trimestri dell’anno, i prestiti bancari in yuan hanno pesato per solo il 58% del cosiddetto “social financing” messo in atto da Pechino, che a fine settembre totalizzava un importo pari a 9.800 miliardi di yuan.

Secondo molti analisti, il governo cinese dovrebbe mantenere una linea più cauta sul versante dei prestiti bancari. La Banca Centrale di Pechino si trova infatti a fronteggiare una crescente difficoltà a mantenere la situazione del credito sotto controllo. Il tasso di crescita dei prestiti effettuati in yuan e la base monetaria presente nel paese rimangono ad un livello che, molti esperti definiscono piuttosto alto rispetto alla crescita nominale del pil.

Secondo Wang Tao, economista di UBS per la Cina, il taglio delle riserve bancarie di ulteriori due punti percentuali porterebbe ad una crescita a due cifre percentuali per i prestiti bancari. L’economista di UBS si attende un ulteriore taglio delle riserve bancarie da parte della Banca Centrale prima del nuovo anno cinese, ovvero verso fine gennaio. Un taglio delle riserve bancarie di due punti percentuali per il primo semestre del 2012 sembra essere molto probabile anche secondo  Nomura  Securities, a cui bisogna aggiungere, secondo l’azienda giapponese, un taglio del tasso d’interesse da parte della Banca Centrale per un quarto di punto almeno per i primi 3 mesi dell’anno. Sul taglio dei tassi d’interesse rimane invece più cauta la banca australiana ANZ, sottolineando che questo provvedimento verrà preso solamente quando l’inflazione sarà definitivamente sotto controllo.

Cheng Manijang, ricercatore di Bank of China, considera necessario che ogni variazione della politica monetaria venga accompagnata da riforme della politica industriale, per non correre il rischio di avvantaggiare -con le continue immissioni di moneta - solamente le aziende di dimensioni maggiori, a danno di quelle medio-piccole.
Le politiche monetarie cinesi hanno iniziato a mostrarsi più accomodanti anche tenendo conto che l’inflazione a novembre ha registrato una notevole diminuzione, passando al 4,3% dal 5,5% di ottobre, continuando quindi il trend discendente iniziato a luglio, dove l’aumento generale dei prezzi tocco il picco del 6,5%. In regresso anche l’inflazione alimentare, passata all’8,8% dall’11,9%.

L’economia cinese inizia sentire la crisi europea, anche se per ora non pare più di tanto accusarne il colpo, grazie alla competitività delle proprie aziende. Le esportazioni hanno registrato un aumento del 13,8% a novembre (toccando quota 174,5 miliardi di dollari), rispetto al +15,9% di ottobre. Il surplus commerciale con l’estero è così sceso a novembre, raggiungendo i 14,53 miliardi di dollari, rispetto ai 17,03 miliardi di ottobre.
Guardando alla Cina non bisogna sottovalutare, almeno per il lungo termine, che una politica monetaria eccessivamente accomodante da parte della Banca Centrale cinese, potrebbe aumentare i rischi di uno scoppio di una bolla immobiliare cinese.

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