Eni a tutto (shale) gas in Polonia e Ucraina

  A margine del vertice ministeriale dell’Agenzia Internazionale dell’Energia tenutosi a Parigi l’A.D. del cane a sei zampe Paolo Scaroni fa il punto della situazione sulla produzione di gas di scisto, vale a dire, nella definizione inglese, lo ‘’shale gas’’ ovvero quello estratto dalle sacche argillose del sottosuolo. Per quanto concerne la produzione del gas tradizionale, Scaroni sottolinea la necessità di una massiccia riconversione delle centrali, dal carbone al gas, per ottenere una sostanziosa riduzione dei livelli di emissione di CO2. Sul fronte dello shale gas evidenzia come esso possa rappresentare una svolta innovativa nel settore ma anche come il percorso per il suo sviluppo presenti una serie di ostacoli, che tipicamente si presentano nella diffusione e nel rodaggio di una nuova tecnica produttiva. Fino a pochi anni fa il gas di scisto era argomento quasi del tutto sconosciuto, mentre ora negli Stati Uniti la sua produzione è pari al doppio del consumo generale di gas di un paese come l’Italia. Uno dei principali problemi dello shale gas è, però, costituito dall’impatto ambientale che comporta la sua estrazione: invasiva e fortemente inquinante anche dal punto di vista acustico, è una soluzione attuabile solamente in aree disabitate. A testimonianza di questo genere di difficoltà c’è la Francia, dove le concessioni già rilasciate sono state in seguito revocate, bandendo di fatto questo genere di estrazione. Altro genere di ostacolo è quello amministrativo, in considerazione del fatto che solo in due paesi c’è coincidenza tra proprietà del terreno e del sottosuolo: gli Stati Uniti, dove tutto è privato, e la Cina, dove tutto è del Governo. Consci di queste problematiche, a detta di Scaroni, i vertici del gruppo hanno giocato d’anticipo in particolare tramite l’acquisizione nel 2008 della società americana Quicksilver, utilizzata come trampolino di lancio per lo sviluppo e la diffusione della nuova tecnica, in virtù del know how tecnologico e amministrativo che ne è potuto derivare. Eni si è messa al lavoro in certe aree della Polonia e dell’Ucraina, senza tralasciare anche Turchia e Cina; secondo stime odierne le prime forniture di gas di scisto arriveranno nel 2013. L’analisi di Scaroni, poi, si concentra sulla situazione del gas tradizionale proveniente dai paesi arabi: buona parte della fornitura destinata al consumo nazionale arriva da Egitto, Algeria, Tunisia e Libia, paesi in cui il gruppo si trova in posizione di leadership. Nei primi tre le attività continuano a svolgersi in maniera regolare; in Libia la situazione sta tornando alla normalità in seguito alla riattivazione del gasdotto di Greenstream e alla riacquisizione della piattaforma di Sabratha, agevolata dall’intervento militare italiano. Tale impianto dovrebbe ritornare in funzione nel giro di tre o quattro settimane, riportando a pieno regime l’attività globale di Eni. Sul fronte della produzione energetica a zero emissioni ambientali arriva la sottoscrizione di un protocollo di intesa tra Eni e Renault-Nissan: l’accordo prevede la possibilità di installare nelle stazioni di servizio del cane a sei zampe un sistema di ricarica istantanea per le vetture alimentate da energia elettrica, sviluppato dalla casa automobilistica; il sistema prevede, inoltre, la sostituzione delle batterie esauste in pochi minuti.

Eni a tutto (shale)  gas in Polonia e Ucraina