Eni e il Mozambico dalle uova d’oro

  Colpo gobbo del gruppo guidato da Paolo Scaroni: il giacimento di gas Mamba Sud 1 situato al largo delle coste del Mozambico ha un volume maggiore di circa il 50% di quanto stimato dalla società fino ad appena una settimana fa. Fin dalla scoperta iniziale si era già compreso di trovarsi di fronte al maggiore giacimento di gas naturale della storia del cane a sei zampe. Ora la realtà ha addirittura superato le già ottime prospettive iniziali: nella seconda fase di esplorazione del giacimento i tecnici Eni, insediati sulle piattaforme installate a Cabo Delgado nel bacino di Ruvuma, hanno scoperto un ulteriore bacino in acque ancora più profonde che sembrerebbe ospitare una riserva di 212,5 miliardi di metri cubi, costituita da una colonna di gas naturale spessa 90 metri che va ad aggiungersi a quella individuata in precedenza, spessa 212 metri. Le perforazioni avverranno a una profondità di 5 mila metri. E non finisce qui: inizierà, poi, la fase di esplorazione del secondo pozzo, quello di Mamba Nord 1, situato a 22 kilometri a nord di Mamba Sud. La stima relativa al volume di gas dei giacimenti dell’area sale, dunque, a 637,5 miliardi di metri cubi, portando le attività offshore del gruppo in Mozambico ad un livello di importanza pari a quello del Mar Caspio. L’arrivo di Eni in Mozambico è relativamente recente, risale al 2006, anno in cui la società ha vinto la gara per la licenza esplorativa di quel bacino, fino ad allora inesplorato. A detenere i diritti di esplorazione e produzione nell’area, infatti, è un consorzio di quattro società: Galp Energia, Kogas ed Enh detengono ciascuno il 10% delle quote, mentre la fetta maggiore, del 70%, è in capo proprio ad Eni. I vertici del gruppo sono convinti che la scoperta darà un forte impulso alle esportazioni e rafforzerà la propria leadership nel continente africano. Intanto anche i dati del trimestre pubblicati fanno ben sperare: 4,61 miliardi di euro nell’ultimo trimestre l’utile operativo adjusted (+12%) e 1,79 miliardi l’utile netto adjusted (+7%); 13,71 miliardi l’utile operativo adjusted su tutti e nove i mesi (+5%) e 5,43 miliardi l’utile netto adjusted nello stesso periodo (+5%). In seguito alla pubblicazione dei dati l’azione Eni ha chiuso ieri a Piazza Affari con un +3,86% a 16,67 euro. A dare impulso alla crescita dell’utile operativo adjusted sono state principalmente le divisioni ‘’Exploration and Production’’ (+19,13%), ‘’Ingegneria e Costruzioni’’ (+5,4%) e ‘’Refining and Marketing’’ (+85,7%). Al contrario hanno pesato negativamente la performance del settore ‘’Gas and Power’ (-21,1%) oltre all’effetto Libia (paese in cui, però, si sta procedendo a un rapido riavvio della produzione dopo l’uccisione di Gheddafi) e a quello dell’introduzione della Robin tax con l’aumento dell’Ires di 4 punti percentuali, al 10,5%, e la sua estensione alla società controllata Snam Rete Gas.

Eni e il Mozambico dalle uova d’oro