Alle banche salvate dallo Stato piace il rischio...

Mario Lettieri, Sottosegretario all’Economia del governo Prodi e Paolo Raimondi, Economista. Un recente paper “Public Recapitalization and Bank Risk” della Banca dei Regolamenti Internazionali (Bri) di Basilea  dettaglia come nel periodo 2000-2010 le banche internazionali che sono state salvate da interventi pubblici hanno assunto rischi molti più alti di quelle che non hanno avuto bisogno di salvataggi. E sarebbe stato già grave se fosse avvenuto prima della crisi, ma è sicuramente condannabile che sia continuato anche negli anni della crisi.

Alle banche salvate dallo Stato piace il rischio...

In altre parole il loro comportamento irresponsabile rispetto ai risparmiatori,  al mercato e a chi ha invece cercato investimenti più oculati, non è affatto cambiato. Come si dice, il lupo perde il pelo ma non il vizio. Perchè non provarci una seconda volta dopo essere stati salvati perchè “too big too fail”?

Lo studio è stato fatto su 87 banche, 40 delle quali sono state salvate dalla bancarotta, in gran parte americane e inglesi. Prima della Lehman Brothers i “prestiti leveraged”, cioè quelli più rischiosi fatti a chi è già pesantemente indebitato, erano aumentati del 53% per le banche salvate e del 43% per le altre.

La crisi ha portato una generale riduzione dei “prestiti leveraged”. Ma mentre per le banche non salvate essi sono diminuiti del 37%, la riduzione delle altre, le “più furbe”, è stata soltanto del 25%!

I risultati del paper della Bri fanno anche una sostanziale critica ai cosiddetti mercati, i moderni dei a cui oggi tutti, economie e governi, si sottomettono supinamente.

Si evidenzia che negli anni precedenti la crisi i credit default swaps (cds), i derivati che dovrebbero assicurare i titoli contro un loro possibile default, hanno fallito miseramente. Essi in verità dovrebbero essere la spia d’allarme se qualcosa non va, ma così non è stato.

Anzi, invece di riflettere una presenza di maggiori rischi con polizze di assicurazione maggiori, i cds hanno avuto costi più alti per le banche sane rispetto a quelle impegnate nei giochi d’azzardo! Evidentemente anche i cds hanno fatto affidamento sul salvataggio pubblico per quelle più esposte al rischio! E’ l’ennesima prova della perversione sistemica di una finanza impazzita.

Il sistema bancario e finanziario internazionale non ha ancora affrontato i suoi problemi di fondo. Al contrario, nonostante i salvataggi, la loro situazione è ancora più rischiosa di prima. Dal canto loro le banche centrali non hanno risolto le cause profonde della crisi. Si sono limitate a rincorrere le banche e la finanza in default mettendo delle toppe ad un Titanic che fa acqua da tutte le parti.

La recente decisione della Federal Reserve di mantenere il tasso di interesse allo 0,25% fino alla fine del 2014 (!) è l’ultima delle toppe. Tale politica, secondo noi, non aiuta l’economia e gli investimenti ma favorisce apertamente le banche in difficoltà. La Fed da tempo insiste che anche la Bce faccia lo stesso. Purtroppo anche l’amministrazione Obama continua a fare pressioni in merito e si è molto risentita del fatto che Francoforte non lo abbia deciso. Infatti il tasso europeo resta allo 0,75%.

Vogliamo ribadire che, mentre molti si affannano a spiegare che per mantenere il sistema bancario a galla  serve tanta liquidità ad un tasso dello 0%, uno dei risultati  più nefasti di tali politiche è proprio l’inquinamento dei mercati da parte di questa liquidità che diventa massa di manovra per attività speculative.

E quindi più che mai chiaro che non si possono lasciare i mercati e l’economia ancora sotto il dominio della finanza. E’ sempre più urgente la necessità di chiamare in campo il suo curatore fallimentare. Non si tratta di un superman con poteri magici ma di una politica di riforme condivise del sistema.

La prima misura urgente potrebbe essere la reintroduzione negli Usa ed in Europa del Glass-Steagall il principio che, fino al suo abbandono, divideva le attività bancarie tra quelle storiche commerciali e quelle speculative. Potrebbe essere l’atto iniziale di una serie di regole più stringenti per la finanza ed il mondo bancario.

Nelle ultime settimane questa prospettiva ha raccolto degli importanti e inaspettati sostegni anche da quel mondo bancario anglo americano che in passato è stato in prima fila per la sua eliminazione.

Vi è già un acceso dibattito all’interno del Congresso americano. E sono scesi in campo anche Sandford Weill, ex capo del gigante bancario Citigroup e l’editore del settimanale tedesco Der Spiegel e tanti altri.

In questa prospettiva noi riteniamo che Mario Monti possa giocare un ruolo molto importante. Egli è l’unico capo di governo che, essendo sganciato da logiche elettorali, potrebbe anche rispetto ai suoi colleghi europei ed internazionali avere più chance nel sostenere la riforma globale di un sistema finanziario che da troppo tempo langue.

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