Aziende, il vero problema si chiama flessibilità

Il concetto è davvero semplice, eppure sfugge a molte realtà produttive: come si può crescere se ogni due per tre ci si ritrova con le fondamenta da cambiare? E` l`annoso discorso del turnover, capibile per posizioni `periferiche`, meno se questo viene applicato con noncuranza a tutta la struttura.

``Nelle imprese che usano in maniera eccessiva la flessibilita`, la produttivita` non cresce, anzi decresce``. Lo ha detto a Trento il ministro del lavoro, Elsa Fornero, precisando, tra l`altro, che ``nessuna riforma puo` essere considerata definitiva e pensata come perfetta``. Intervenendo ad un convegno di Confindustria sul lavoro giovanile in provincia di Trento, Fornero ha ricordato che la sua riforma ha introdotto, fra l`altro, una forma di ammortizzatore sociale specificatamente per i giovani, in contrasto con i contratti ``mordi e fuggi``, che spesso non vengono rinnovati, in modo che questi giovani, come ha puntualizzato il ministro, ritrovino un po` di sicurezza.

``La riforma, infatti, ha introdotto un po` piu` di stabilita`, accompagnata da un po` piu` di flessibilita`, specie in alcune aree troppo protette``. La riforma, ha ancora sottolineato il ministro, ``non punta ad una restrizione di flessibilita`, ma ad un contrasto alla precarieta```.

``Ho voluto dare al lavoro dei giovani una maggiore stabilizzazione - ha spiegato il ministro -, nel presupposto per aumentare la produttivita```. Infatti l`esperienza di flessibilita` negli ultimi 10 anni, tutta concentrata sui giovani, ha avuto il risultato di una ``assoluta precarieta```, mentre non ha riguardato il segmento maschile adulto, ``fortemente protetto``. Qui bisogna incidere, secondo Fornero, anche a favore delle imprese. Soffermandosi infine sull`apprendistato, il ministro ha detto che si tratta di ``un veicolo per costruire una relazione di lavoro migliore``. E quanto ai tirocini, sopra i tre mesi ``non possono essere grauiti``.

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