L' AUTORITARISMO INCENTRATO SUI DATI. LA CINA ESPORTA IL SUO "MODELLO" DI CONTROLLO DELLE POPOLAZIONI

L' AUTORITARISMO INCENTRATO SUI DATI. LA CINA ESPORTA IL SUO  "MODELLO" DI CONTROLLO DELLE  POPOLAZIONI

Giannina Puddu, 3 maggio 2025.

Il tasso di crescita globale dei sistemi di videosorveglianza  è stimato da qui al 2030 all'8,5% su base annua grazie, si fa per dire, al traino dell'intelligenza artificiale che semplifica l'aggregazione e la lavorazione dei dati e delle immagini raccolti (milliardi!) ad uso delle "autorità".

54,5 miliardi di dollari investiti nel 2019 con proiezione di 88,7 miliardi di dollari all'anno da qui al 2030.

Questo è quanto rivelato da Markets and Markets, piattaforma specializzata nella divulgazione di dati statistici sui mercati in espansione.

Tutto si lega all'affermazione delle cosiddette "Città intelligenti", progetto che impatta su tutti i continenti, compresa l'Africa.

Il primato è oggi della Repubblica Popolare cinese che conta 626 milioni di telecamere a circuito chiuso, una ogni due abitanti.

Esiste un rapporto, che si chiama "Autoritarismo incentrato sui dati: come lo sviluppo di tecnologie di frontiera da parte della Cina potrebbe globalizzare la repressione".

Pechino è in prima linea nell'esportazione dei suoi sistemi di sorveglianza autoritaria basati sulla tecnologia e sta trovando troppi compratori interessati al controllo estremo dei Popoli con il pretesto della sicurezza.

Quello cinese è, ormai, catalogato come Stato Tecno-Autoritario con la su origine  che riporta al progetto “Golden Shield” del 1998, il piano nazionale per la sorveglianza digitale integrata,  compreso il suo sistema di censura noto come “Grande Firewall”.

Il sistema di controllo è anche in grado di misurare la pressione sanguigna dei cittadini rilevando una probabile propensione alla protesta verso l'azione di governo così che possa essere fermata, già al suo germoglio.

Un metodo efficiente che può garantire il dominio delle forze politiche al potere se le popolazioni non dissentono in modo efficace.

Secondo lo stesso rapporto, queste tecnologie emergenti consentono di perfezionare campagne di propaganda sofisticate e mirate e di attuare repressioni algoritmiche di massa, con controlli dei movimenti simili a quelli attuati contro gli uiguri nello Xinjiang. 

Nello Xinjiang, milioni di musulmani uiguri sono stati arrestati dopo essere stati "segnalati" dal software che identifica comportamenti sospetti.

Dal 2017 sono detenuti tra gli ottocentomila e i due milioni di uiguri e altri musulmani, molti kazaki e uzbeki.  

Per il governo cinese, queste strutture sarebbero "centri di istruzione e formazione professionale".

Mentre, per alcuni attivisti sarebbero come campi di concentramento. 

Molte denunce hanno dimostrato che i detenuti erano costretti a giurare fedeltà al PCC, a rinunciare all'Islam, a cantare inni al comunismo e a imparare il mandarino.

Gli uiguri sono sospettati dal Governo cinese di idee estremiste e separatiste e, dunque, colpiti per eliminare le minacce all'integrità territoriale, al governo e alla popolazione della Cina. 

Per il governo cinese è estremista qualsiasi espressione dell'Islam nello Xinjiang in quanto storicamente associata ai  movimenti indipendentisti.

E' ovvio che, dal punto di vista del PCC, una reazione morbida ai fatti dello Xinjiang spalancherebbe le porte ai movimenti indipendentisti in altre regioni della Cina che non vuole rinuciare allo Xinjiang che ospita le maggiori riserve cinesi di carbone e gas naturale.

Eppure, lo sviluppo di tali risorse emargina la popolazione uigura trasferendo il vantaggio in altre aree.

Secondo i ricercatori del Center for Strategic and International Studies  il lavoro forzato è un elemento importante del piano governativo per lo sviluppo economico dello Xinjiang, che include la trasformazione del Paese in un polo manifatturiero tessile e dell'abbigliamento. Per i funzionari cinesi questa politica è "riduzione della povertà".

Lo Xinjiang è un sistema di gestione a griglia in cui città e villaggi sono stati suddivisi in quadrati di circa cinquecento persone.

Ogni quadrato ha una stazione di polizia che monitora attentamente gli abitanti scansionando regolarmente i loro documenti d'identità, scattando fotografie e impronte digitali e controllando i loro cellulari.

In alcune città, come Kashgar, nello Xinjiang occidentale, i posti di blocco della polizia sono presenti ogni cento metri circa e le telecamere per il riconoscimento facciale sono ovunque e gran parte di queste informazioni viene raccolta in un enorme database, Integrated Joint Operations Platform, che utilizza l'intelligenza artificiale per creare elenchi di cosiddette persone sospette. 

Per l'abbondanza di risorse naturali e di luce solare, Pechino considera lo Xinjiang un centro cruciale per la sua transizione energetica verso l'energia verde.

La produzione di pannelli solari e batterie per veicoli elettrici è probabilmente " fortemente esposti " al lavoro forzato uiguro.

Secondo il  Sourcing Journal: il 35% del polisilicio di grado solare mondiale proviene dallo Xinjiang, una delle principali fonti anche di nichel e litio, necessari per le batterie dei veicoli elettrici.

Si capisce che, visti i risultati, l'esperienza cinese sia diventata un "modello" di successo capace di ispirare tutte le classi politiche in cerca di scorciatoie a livello globale.

Le tencologie disponibili per il monitoraggio continuo dei cittadini, i miliardi di dati e di immagini raccolti  e facilmente gestibili con nuova efficienza offerta dall'intelligenza artificiale sono in grado di garantire il Potere a chiunque si affatichi troppo con le regole della Democrazia.

Certo, per contro, serve una smodata quantità di energia elettrica e serve che i Popoli non siano consapevoli e che non si ribellino sposando la priorità  della "sicurezza", rinuciando  ad ogni forma di libertà e accettando di vivere esposti in una vetrina eterna su cui si affaccino solo i censori dei poteri autoritari.