PERSA LA DISPONIBILITA' DELLA NOSTRA TERRA, COSA CI RIMARRA'???

Redazione, 31 dicembre 2023. 

Qualche giorno fa, su Affari Italiani: Multinazionali e grandi gruppi si sfregano la mani. L’Agenda 2030 entra in Italia, dopo l’Olanda...

La notizia, ormai nota, è che la Regione Emilia Romagna, a guida PD con Stefano Bonaccini, ha pubblicato un bando che premia gli agricoltori che smetteranno di coltivare e produrre cibo sul territorio.

Offerti 500 euro a chi cesserà la produzione (per ettaro) in collina o in montagna e 1500 euro per gli agricoltori che cesseranno la produzione  in pianura.

Eppure, gli stessi report della regione avevano evidenziato “negli ultimi 40 anni, la progressiva riduzione del numero di aziende agricole.

Ricorda Affari Italiani che, nel 2020 le aziende erano appena 53.753, dopo il crollo, dal 1982, quando si contavano 170.000 attività agricole.

In parallelo, si è persa anche superficie agricola.

Utilizzata (SAT) a meno 25% rispetto al 1982 e non utilizzata (SAU)  ameno 19%.

L'ulteriore aspetto inquietante è nella proprietà delle aziende agricole, attraverso un  processo che ne registra il trasferimento dalle persone-famiglie alle società di capitali.

In un' ANSA del 5 dicembre u.s., dalla Giornata mondiale del suolo, l'allarme lanciato da Coldiretti, "difendere la disponibilità di aree fertili"!

L'Italia ha perso quasi 1/3 (30%) dei terreni agricoli nell'ultimo mezzo secolo con la superficie agricola utilizzabile che si è ridotta ad appena 12,8 milioni di ettari con conseguente deficit produttivo del Paese e la nostra dipendenza agroalimentare dall'estero.

Tendenza confermata dal rapporto 2023 dell'Ispra e Coldiretti che ha lanciato il suo allarme per la scomparsa in 12 mesi di altri 4.500 ettari di terreno agricolo, il 63% del consumo di suolo nazionale.

In Italia, oltre 9 comuni su 10 in Italia (il 93,9% del totale), soffre e non interviene per prevenire il rischio  idrogeologico per frane ed alluvioni.

Si sommano a questi fenomeni fuori controllo, gli effetti nefasti delle istituzioni, come quello recente e straordinariamente grave della regione Emilia Romagna e l'assalto delle società affamate di terreno agricolo e non per l'impianto di pale eoliche e tappeti di pannelli solari.

Coldiretti, ha chiesto che l'Italia difenda il proprio patrimonio agricolo e la propria disponibilità di terra fertile con un adeguato riconoscimento sociale, culturale ed economico del ruolo dell'attività degli agricoltori.

Il Presidente Ettore Prandini ha detto: "Occorre però accelerare sull'approvazione della legge sul consumo di suolo che giace da anni in Parlamento e che potrebbe dotare l'Italia di uno strumento all'avanguardia per la protezione del suo territorio".

Anni prima, il 6 ottobre 2015, il Sole 24Ore aveva denunciato che Otto metri quadrati di suolo distrutti ogni secondo, 70 ettari al giorno, e oltre il 7% del territorio irrimediabilmente perso.

Terreni fertili cancellati da edifici, strade, infrastrutture e a guidare la classifica delle regioni più cementificate Lombardia e Veneto, con oltre il 10% del territorio totale. È la fotografia riguardante l’Italia scattata dall’Ispra, che ha studiato il fenomeno nel lungo arco temporale che va dal 1956 al 2012. E negli ultimi tre anni la situazione è, se possibile, peggiorata. 

Nell'ottobre 2023, ancora Coldiretti, aveva concentrato l'attenzione sulla Puglia.

Con l'abbandono, la cementificazione e il consumo di suolo causato dagli impianti fotovoltaici a terra nel 2022 sono stati “occupati” 718 ettari di terra.

Secondo Coldiretti Puglia, sulla base del rapporto annuale Ispra, la provincia di Foggia aveva perso 313 ettari, a Bari persi 136 ettari, a Lecce con quasi 116, a Bat (Barletta-Andria-Trani) quasi 74, a Brindisi oltre 44 e a Taranto quasi 35.

Dal 2016 al 2023, la Puglia ha perso circa 160mila ettari di suolo dedicato all'attività agricola. 

L'Associazione Gruppo d' Intervento Giuridico (GrIG), nel novembre 2017, aveva acceso i riflettori sulla Sardegna.

Attraverso un’analisi dei dati pubblici dell’Inventario generale delle Terre civiche, aveva verificato che numerosi e vasti terreni appartenenti ai rispettivi demani civici, risultavano occupati, senza titolo, da società private.

Demani civici individuati in 236 Comuni sui 377.

Da Orosei a San Gavino Monreale, da Portoscuso a Baunei...

Fra i casi più rilevanti individuati da GrIG oltre 530 ettari di dune boscate di Is Arenas, fra San Vero Milis (la gran parte) e Narbolia, ora intestati alle società immobiliari del Gruppo Is Arenas e ad altre società turistico-edilizie (Villaggio Pineta s.p.a., Sviluppo e Produzione s.p.a.), 55 ettari di bosco e macchia mediterranea di Bricco Nasca, a Carloforte, le decine di lotti nella località costiera di Tancau, a Lotzorai, i circa 150 mila metri quadri intestati alla società estrattiva Industriale Monte Rosè a Porto Torres.

La denuncia di allora a cura di GrIG: migliaia di ettari di terre collettive sono in mano a privati e società immobiliari in Sardegna: Comuni e Regione continuano a non far nulla.

Interessi che convergono verso l'assalto alle nostre terre, sottratte ai privati nell'uso e/o nella proprietà e, perfino, violando la legge, i nostri terreni demaniali.

L'Unione Sarda del luglio 2023 aveva scritto che migliaia di pilastri d’acciaio erano già stati conficcati alle pendici del Parco di Gutturu Mannu, anello di congiunzione tra la città metropolitana di Cagliari e il Sulcis. Monte Arcosu, che su quelle terre si staglia come un gigante verde, non è semplicemente un’oasi protetta.

...in quella riserva c’è la più vasta estensione di macchia-foresta e foresta mediterranea d'Europa.

Niente, però, ha impedito ai forestieri del “pannello” di smantellare di punto in bianco una distesa di terra agricola, che solo per ingordigia industriale era stata perimetrata all’interno di una zona di Macchiareddu.

Il bestiame che vagava in quelle terre è rinchiuso in un cantuccio, all’interno di un ovile di botto trasformatosi in “maneggio” per galline. Da queste parti, su quei campi che costeggiano il primo rettilineo pianeggiante della Pedemontana, l’arteria viaria che costeggia Monte Arcosu sino al Castello di Acqua Fredda a Siliqua e Gioiosa Guardia a Villamassargia, non si danno pace.

Ci passi di venerdì sera e li trovi armeggiando. Ci ritorni di sabato e stanno conficcando pilastri d’acciaio sul terreno. Non si risparmiano nemmeno la domenica, come se un pannello solare in più valesse una messa. Non hanno tempo da perdere, del resto sono venuti da lontano, e non hanno intenzione di soggiornare a lungo in terra sarda.

Persa la disponibilità della nostra terra, cosa ci rimarrà?

«Mi chiedo con quale coscienza e con quanta leggerezza l’associazione Gis, (Gruppo Impianti Solari), riesca ad affermare che sia una “convinzione diffusa, ma falsa, quella che le energie rinnovabili rubino suolo all’agricoltura e non tutelino la biodiversità”».

Questa è stata la replica al Gis, della presidente di Coldiretti Viterbo, Maria Beatrice Ranucci.

Il tema è quello dell’installazione di pannelli fotovoltaici e pale eoliche su terreni agricoli.

Ranucci, ha aggiunto: «Le nostre non sono delle semplici e pretestuose “convinzioni”, ma certezze supportate da strumenti normativi nazionali e regionali, così come da studi scientifici. I fatti ci dimostrano che il nostro territorio è sotto attacco e sta vivendo una vera e propria minaccia, che riguarda l’agricoltura, il turismo e la crescita economica».

“il cumulo degli impianti FER installati e autorizzati, in particolare nella Provincia di Viterbo, rappresenta una elevata criticità per la sostenibilità ambientale di ulteriori eventuali iniziative, in relazione all’equilibrio tra le vocazioni territoriali e gli obiettivi energetici”.

«E’ impossibile sostenere così come ha fatto l’associazione Gis, che “i pannelli non pregiudicano l’uso agricolo delle superfici e che anzi ne contribuiscono alla valorizzazione della flora e della fauna locale”, perché è stato ampiamente dimostrato che bisogna prendere anche in considerazione gli effetti prodotti dal tipo di lavorazioni effettuate nella fase di cantiere e durante la manutenzione in primis diserbo e compattazione.

Operazioni che protratte nel tempo, portano ad una progressiva ed irreversibile riduzione della fertilità del suolo, aggravata dall’ombreggiamento pressoché costante del terreno nel caso di pannelli fissi».

«A rischio naturalmente sono anche i posti di lavoro che le imprese agricole non saranno più in grado di garantire, se non si metterà un freno a questa scellerata installazione di impianti fotovoltaici a terra e pale eoliche. Così come saranno a rischio tutte quelle strutture ricettive, agrituristiche e di ristorazione, perché il nostro territorio a forte vocazione turistica, perderà l’interesse che riscuote ora e lo stesso varrà per il mercato immobiliare. Ci preoccupano fortemente anche tutte quelle numerose produzioni di pregio che troviamo nella Tuscia dallabbacchio romano Igp alla nocciola romana Dop, dall’Olio extravergine di Olivia Tuscia Dop ai vini, fino alla lenticchia di Onano Igp e lasparago verde di Canino Igp. Ribadiamo che non siamo contro l’utilizzo di pannelli fotovoltaici, ma quello che proponiamo da sempre è di posizionarli sui tetti dei capannoni per non consumare suolo agricolo produttivo».