TIRARE LA CORDA DEI TASSI DI INTERESSE

TIRARE LA CORDA DEI TASSI DI INTERESSE

Milano, 24 luglio 2023. di Jonathan Gregory, Head of UK Fixed Income, UBS AM.

Le banche centrali devono lanciarsi con un metaforico paracadute in un salto assai rischioso.

Jonathan Gregory riflette sul modo migliore per controllare l'inflazione evitando di far precipitare le rispettive economie in recessione.

I responsabili politici di tutto il mondo stanno cercando di effettuare una discesa di emergenza, ma in questo caso da un'inflazione vertiginosamente alta.

Quindici mesi e 400-500 punti base dopo il primo rialzo dei tassi, l'inflazione, l'occupazione e la crescita dei salari non stanno rallentando come previsto nell'Eurozona, nel Regno Unito e negli Stati Uniti.

Per certi versi, siamo di fronte a un'orribile immagine speculare dei dieci anni successivi alla Grande crisi finanziaria, durante i quali l'inflazione è rimasta ostinatamente inferiore all'obiettivo nonostante i tassi di riferimento a zero (o addirittura negativi), migliaia di miliardi di dollari spesi in acquisti di attivi e la "forward guidance".

Non posso dirlo con certezza, ma immagino che la maggior parte dei policymaker sia stata scioccata allora dalla risposta politica necessaria per cercare di aumentare l'inflazione, così come probabilmente lo è oggi per la resilienza dell'inflazione e la difficoltà a farla scendere. 

Dopo la lunga fase di undershooting dell'inflazione, seguita da un periodo incredibilmente lungo di overshooting, forse un numero maggiore di cittadini (elettori) arriverà a mettere in dubbio che le idee delle banche centrali siano sempre e comunque giuste.

Quando i risultati sono costantemente assai lontani dalla teoria, si è spinti a iniziare a pensare con la propria testa.

Pertanto, il problema immediato per le banche centrali è che potrebbero essere costrette a infliggere alle loro economie un danno maggiore, attraverso tassi più elevati, rispetto a quanto previsto qualche mese fa.

Si tratta di un compromesso estremamente doloroso e gravido di potenziali ripercussioni politiche.

Ma è lo scenario che si presenta oggi nel Regno Unito, dove l'inflazione di fondo è recentemente aumentata di nuovo, nonostante la Banca d'Inghilterra avesse previsto un calo. Risultato? Un aumento a sorpresa di 50 punti percentuali al 5% in giugno, una previsione di mercato del 6% entro dicembre e un dibattito politico sul perché le famiglie, già in difficoltà, debbano pagare il prezzo della percepita incompetenza della banca centrale. 

Anche in questo caso non so dirlo con certezza, ma posso immaginare che le altre banche centrali guarderanno con attenzione a ciò che sta accadendo nel Regno Unito.

La Fed e la BCE penseranno soprattutto al fatto che, nonostante il ciclo di rialzi dei tassi più aggressivo degli ultimi 40 anni in termini di velocità ed entità (almeno negli Stati Uniti), le loro stesse previsioni indicano un'inflazione ben al di sopra dell'obiettivo entro la fine dell'anno.

La reputazione delle banche centrali sarà forse sopravvissuta a un periodo molto lungo di inflazione inferiore all'obiettivo dopo la Grand crisi finanziaria, ma un prolungato superamento del target potrebbe non essere visto in modo altrettanto benevolo.

Questo è probabilmente alla base dei messaggi piuttosto aggressivi lanciati da entrambe le banche a giugno. Se le scelte possibili sono convivere più a lungo con un'inflazione più elevata o accettare l'inevitabile sofferenza economica derivante da un maggior numero di rialzi dei tassi, la Fed e la Bce stanno facendo di tutto per convincere chiunque ad abbracciare la seconda opzione.

La zona di salto

Ma la teoria su come eseguire il salto e il salto stesso sono due cose completamente diverse.

Il grafico dell'Institute of International Finance (IIF), da me già usato in precedenza, mostra i livelli del debito totale a livello mondiale, in termini assoluti e relativi alla produzione globale (PIL), e copre i mercati sviluppati ed emergenti e le obbligazioni governative e societarie.

Non lasciatevi ingannare dall’abbassamento della linea verde che segnala la recente diminuzione del debito rispetto al PIL: si tratta di un artificio degli elevati tassi di crescita nominale successivi alla pandemia. In realtà, il debito globale totale in rapporto al PIL, come riportato dall'IIF, è ancora più alto di quanto non fosse prima del COVID-19. La linea blu rappresenta semplicemente l'andamento del tasso sui Fed Funds. Il punto è che i costi di finanziamento in dollari USA si ritrovano praticamente in tutti i mercati dei prestiti, sia direttamente attraverso i livelli assoluti e gli spread di credito, sia indirettamente attraverso i costi di opportunità (vi piace ancora quella vostra obbligazione in perdita, ad alto rendimento, di una società di criptovalute, quando i Treasury a due anni rendono quasi il 5%? No. Lo immaginavo).

Se la politica monetaria agisce con un certo ritardo, allora c'è ancora molto da soffrire in qualsiasi parte dell'economia globale in cui vi sia una leva finanziaria. Che di questi tempi, come possiamo vedere, è praticamente ovunque.

Impigliati nei detriti

Forse è qui che entra in gioco un problema di secondo ordine. Dopo la Grande crisi finanziaria i governi e le banche centrali hanno sviluppato determinazione e abilità nel compensare i vari shock subiti da famiglie e imprese: il problema, adesso, è che è difficile riuscire a fermarsi.

Questo sostegno è giunto perlopiù tramite prestiti diretti da parte dello Stato o incentivi ad assumere finanziamenti attraverso tassi bassi. Ora che questo sostegno dev’essere in gran parte ritirato, soprattutto a causa dell'aumento dei tassi, è lecito chiedersi se i responsabili delle politiche siano davvero in grado di cambiare direzione.

Anche il Fondo monetario internazionale ha recentemente sottolineato che le banche centrali non dovrebbero mettere a rischio la stabilità finanziaria complessiva per una devozione servile a un obiettivo di inflazione.

Tutti questi fattori sono stati esaminati in occasione del nostro Fixed Income Investment Forum di giugno.

La nostra opinione di consenso è che la riduzione dell'inflazione fino al valore target negli Stati Uniti e in Europa comporterà probabilmente una reale sofferenza economica (anche se il grado può variare da regione a regione).

Riteniamo inoltre che le banche centrali debbano essere prese alla lettera, almeno per il momento, e che la previsione del mercato di uno o due rialzi dei tassi nel corso dell'anno sia probabilmente corretta (ancor più nel Regno Unito).

Ma questa sofferenza economica sta aumentando e abbiamo già visto alcune scosse nell'economia globale, il che implica che siamo vicini al picco dei tassi ufficiali.

I rendimenti più elevati disponibili da metà maggio appaiono quindi più interessanti in una prospettiva di rischio-rendimento, in particolare nel tratto a breve della curva dei rendimenti. D'altro canto, abbiamo segnalato una visione leggermente più cauta sui mercati del credito: tassi più elevati per un periodo più lungo significano maggiori possibilità di problemi per gli asset rischiosi.

Questo è in breve il nostro scenario di base. A differenza di un salto da 5.000 piedi, in cui devi pianificare solo una direzione plausibile, l'economia globale è più complessa. Altri esiti rappresentano chiaramente un rischio, non ultimo quello che i rischi per la stabilità finanziaria portino le banche centrali a decidere di convivere più a lungo con un'inflazione più elevata. Oppure può accadere il contrario e sono necessari tassi ufficiali molto più elevati che vengono effettivamente raggiunti, innescando una recessione assai più profonda.

A mio parere, questi rischi sembrano finemente bilanciati intorno allo scenario di base. La flessibilità nel posizionamento rimarrà un tratto distintivo del nostro approccio agli investimenti nelle strategie multisettoriali per il prossimo futuro.

Il grafico indica un aumento complessivo del debito globale a partire dal 2003 e il picco raggiunto nel 2022.

La linea verde (che mostra il debito rispetto al PIL) ha iniziato a scendere di recente tuttavia, questa diminuzione è il risultato di tassi di crescita nominale molto elevati dopo la pandemia.

In realtà, il debito globale totale in rapporto al PIL, come riportato dall'IIF, è ancora più alto di quanto non fosse prima del COVID-19.