SARA JONES: PASSIONI E DISILLUSIONI DI UNA CANTAUTRICE "SCOORDINATA"

SARA JONES: PASSIONI E DISILLUSIONI DI UNA CANTAUTRICE "SCOORDINATA"

Milano, 14 febbraio 2022.

Come diceva lo scrittore americano Walt Whitman: “I am large, I contain moltitudes”: e descriverle, queste moltitudini, non è cosa da poco.

Mi presento: sono Sara De Santis, in arte Sara Jones, cantautrice romana di ventisette anni che si dimena tra il traffico della capitale e la passione per la scrittura e per la musica; scrivere e cantare sono sempre state un’urgenza, un modo per parlare del dolore e per poterlo superare.

Venerdi’ scorso ho avuto l’opportunità di esibirmi in occasione dell’inaugurazione del Master 2022 in “Editoria e Produzione musicale” dell’Università IULM di Milano.

Tre brani, uno dei quali in collaborazione con il chitarrista e docente Paolo Cattaneo, due pezzi miei e un classico della canzone d’autore romana, Roma non fa la stupida stasera di Armando Trovajoli.

A parte l’attività come cantautrice, che definisco scherzosamente “scoordinata”, nel 2019 ho iniziato ad organizzare concerti ed eventi in alcuni locali della mia città, tra i quali “TED”, “Le Foodie Bistrot”, “Craft Garden”, “Pierrot Le Fou”; gestire eventi musicali ed artistici mi ha dato l’opportunità di conoscere numerosi autori, artisti e cantanti emergenti dall’animo incredibile.

Collaborare con alcuni di loro, aver creato dei sodalizi artistici ma soprattutto delle amicizie, ha reso ancor più evidente lo straordinario potere della musica: quello della condivisione senza alcun fine e dell’onestà di sentirci sempre sul “Palco dell’Ariston di casa nostra”.

Tra la scrittura di una tesi di laurea in Filologia Moderna e la pandemia mi sono data l’opportunità di vivere il silenzio in modo creativo, uscendo fuori da ciò che sapevo e tuffandomi in un mare di cose fuori dalla comfort zone d’autrice; autoprodurre il mio progetto di inediti con l’aiuto di alcuni amici (nonché musicisti professionisti) non è stato affatto semplice.

Il primo singolo “A tutte le cose” è uscito su Spotify il 18 dicembre del 2020.

Nel corso di due anni la resa del brano, proposto in modo acustico, è cresciuta.

E’ un brano che si racconta in modo semplice e sincero, nato in pochi minuti al pianoforte, che parla dell’importanza di tenersi e ringraziarsi quotidianamente, nonostante tutto.

La magia di alcune canzoni, in fondo, sta nella loro immediatezza e nel sapersi svelare senza alcuno sforzo, senza bisogno di rincorrere le parole.

Tra silenzio e notti insonni sono poi usciti altri due brani, “Vecchio Amaro” e “Ti ricordi di me? (compleanno)”.

Con Nicolò Maria Capodacqua, chitarrista e arrangiatore, siamo riusciti a fare un piccolo tour, a girare alcuni video da mettere sul canale Youtube e ad arrangiare molti dei brani.

Nell’ultimo periodo, inoltre, ho avuto la possibilità di registrare “Èrre”, un pezzo molto personale, prossimo all’uscita, con la collaborazione del produttore Matteo Milita e con lo stesso Nicolò Maria Capodacqua.

E’ una generazione artistica, la nostra, nata stanca, affannata e in bilico tra lavori incerti e una retribuzione minima; avere una passione che si dedichi all’arte, nel duemilaventidue, di certo non “porta il pane a tavola” (per usare un’espressione cruda ma brutalmente onesta).

Si lavora al “piano B” perché il “piano A” è fin troppo rischioso, e comunque pochi possono permetterselo.

Nessuno da incolpare, se non delle istituzioni che non tutelano in nessun modo la figura dell’artista, e una coscienza collettiva che relega il lavoro dei musicisti e dei critici alla settimana di Sanremo.

Che fine fanno i musicisti, i critici, i giornalisti musicali?

Che fine fanno i cantautori che non hanno né l’intenzione né l’esigenza di partecipare ai Talent show?

S’impegnano.

Scrivono.

Scrivono ancora.

Trovano lavori alternativi per potersi esprimere di notte, a tempo perso, a tempo libero, e magari a tempo di quattro quarti.

Vivono con gli occhi chiusi, un po’ assonnati e fanno ore di prove.

Studiano, per anni.

Diventano professionisti per suonare, magari senza una retribuzione adeguata, magari senza alcuna retribuzione.

Eppure, per la passione, per la voglia insolente di suonare, si suona e basta, senza pretendere nulla.

Non si pretende, si smette di pretendere.

Si suona in qualsiasi occasione, si trovano modi intelligenti per poter vivere di musica.

Non ci si arrabbia, non più di tanto, perché il mondo gira così, il sistema non considera quella dell’artista una professione.

Senza punti.

E’ il dramma di una generazione disillusa, di cantautori disillusi pieni di speranze di cui, oggi, ho la fortuna di poter parlare grazie a questa esigenza di cantare, questa sensibilità, con la quale ho iniziato a far i conti molto presto.

Questa urgenza interiore mi fa essere Sara, una cantautrice scoordinata, una musicista autodidatta di ventisette anni.

Tra la polvere e le nottate a sistemare i jack nei diversi locali, tra le ore passate su quei tasti neri e bianchi, si trova la propria strada.

Si trova la forza di non mollare, poiché altrimenti nulla avrebbe senso.